Dilaga in tutto il nord il l’insetto migrante ‘puzzone’: polifago e vola

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Sono stati rivenuti per la prima volta anche in Trentino, nella parte settentrionale del centro abitato di Zambana, i primi esemplari della cimice asiatica marmorata ( Halyomorpha halys ).

Ad identificarli sono stati, nei giorni scorsi, i tecnici della Fondazione Edmund Mach che ora si pongono in prima linea sia nell’attività di monitoraggio e assistenza ai produttori sia nell’individuazione con i ricercatori delle migliori strategie di controllo. Si tratta di una emergenza fitosanitaria che presenta al momento poche certezze sulle contromisure e molte incognite sulla sua evoluzione.

A seguito di segnalazione sospetta da parte di privati i tecnici del Centro Trasferimento Tecnologico che si occupano di monitoraggio del verde urbano e delle foreste hanno identificato l’insetto informando l’Ufficio Fitosanitario provinciale.

La prima segnalazione italiana di questo insetto invasivo è avvenuta in Emilia-Romagna nel 2012.Si è diffuso rapidamente in tutte le regioni settentrionali ed è presente da poco anche in Alto Adige.

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Proprio nei giorni scorsi il bollettino tecnico della Fondazione Mach ha informato gli agricoltori del rinvenimento di questa specie invasiva in Val Venosta e Bressanone.

Gli adulti sono lunghi circa 1,5 – 1,7 cm e hanno la caratteristica forma a scudo. Il colore è tipicamente marmorizzato. Le antenne hanno striature bianche e nere, così come l’orlo dell’addome. Può essere confusa con un’altra cimice piuttosto comune nei nostri ambienti (Rhaphigaster nebulosa), anche se presentano alcuni caratteri distintivi.

La specie è caratterizzata da elevata polifagia
(si nutre di oltre 100 piante ospiti) e notevole mobilità (è un abile volatore), oltre ad essere potenziale causa di danni ingenti alle produzioni frutticole (soprattutto pero, pesco e melo) e orticole. Può inoltre essere fonte di fastidio per le persone, vista la sua abitudine di trascorrere l’inverno al riparo negli edifici e di emettere sostanze maleodoranti.

L’arrivo di questo insetto, anche se previsto, pone ora l’esigenza di eseguire monitoraggi specifici per valutare il progredire della sua diffusione in provincia, a partire dai meleti e vigneti più vicini al punto di rinvenimento, senza trascurare altri ambienti potenzialmente colonizzabili. La Fondazione Mach consiglia agli agricoltori che individuano gli insetti attentamente descritti nel bollettino tecnico, di catturarli e li conservarli in un contenitore trasparente ben chiuso (es. vasetto di vetro, sacchetto di nylon) e di contattare i tecnici per poter identificare con certezza la specie. Tutte le segnalazioni infatti, sono utili per un attento monitoraggio.

I ricercatori del Centro Ricerca e Innovazione, che da circa un anno tengono in costante aggiornamento sulla problematica i tecnici Fem con seminari e incontri, spiegano che oltre ai mezzi chimici, che hanno una efficacia solo parziale, il metodo di difesa che al momento fornisce i migliori risultati è la protezione degli impianti con reti anti-insetto. In collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia sono in fase di identificazione “antagonisti naturali” allo scopo di valutarne l’utilizzo per il controllo biologico e sono in corso ricerche per il miglioramento delle trappole attualmente esistenti tramite la decifrazione della comunicazione chimica ed acustica della specie.

Ogni riferimento è puramente voluto. E’ interessante come ci si preoccupai – giustamente – dell’impatto di animali esogeni per il benessere della biosfera italiana (umani compresi), ma che sia anatema preoccuparsi dell’impatto, ben peggiore e più dannoso, dei migranti umani. Almeno questa cimice puzza e basta.