“L’ho picchiato perché non mi piaceva la sua maglietta”

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“L’ho picchiato perché non mi piaceva la sua maglietta”. “Quando l’ho notato alla fermata dell’autobus, ho deciso di fare inversione con l’auto per andarlo a picchiare”.

La scintilla che ha fatto accendere la rabbia, sempre stando al racconto in aula, è stata quella scritta sulla t-shirt che recitava “Belli come la vita, Neri come la morte”. Per lui, infatti, la frase era palesemente fascista, senza sapere che in realtà si trattava semplicemente di un motto parà.

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Alla fine il giovane sarebbe stato picchiato senza alcun motivo. Successivamente è infatti emerso che non apparteneva a nessun schieramento politico, ma che era semplicemente un paracadutista. A finire nei guai in tutto due persone. Il primo sentito come testimone assistito, stante il precedente patteggiamento, e difeso dall’avvocato Gianfranco Virzo, si è assunto la responsabilità di quanto successo confermando che il secondo imputato è estraneo ai fatti. Versione quest’ultima confermata dall’aggressore che ha dichiarato: “Si trovava semplicemente in auto. Sono stato io a compiere il gesto e decidere di picchiare il ragazzo”. L’udienza è stata rinviata per la discussione davanti al giudice Cataldo.