Barbarie gay: smalto, tacchi a spillo e martellate in testa

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La «fredda ideazione, pianificazione ed esecuzione di un omicidio efferato, preceduto da sevizie e torture, senza altro movente se non quello apparente di appagare un crudele desiderio di malvagità». Sono le parole con cui il gip Riccardo Amoroso descrive l’assassinio di Luca Varani e firma l’arresto — aggravando il fermo iniziale — di Manuel Foffo e Marc Prato. Solo le «importanti divergenze» nei racconti fatti dai due non permettono ancora di decidere sulle aggravanti della premeditazione, crudeltà e motivi abietti contestati dalla Procura. Le due versioni sono due film in cui regia e protagonisti hanno ruoli opposti. Anche su aspetti più marginali, ad esempio il perché Prato sia vestito da donna — con smalto, parrucca e tacchi a spillo — nei giorni trascorsi assieme.

Secondo Marc, Manuel negando la sua omosessualità, accettava di avere rapporti solo con il travestimento del futuro complice. La scintilla dell’omicidio nasce così in Foffo proprio durante un rapporto a tre con Luca, in cui Manuel interviene «dopo aver leccato i tacchi a spillo ed essersi fatto camminare sul corpo partecipando all’eccitazione sessuale». Racconta Prato: «Manuel era come impazzito mi ha chiesto prima di versare un farmaco nel bicchiere di Luca e poi dopo che questo aveva cominciato a stare male mi ha chiesto di ucciderlo: “Questo stronzo deve morire”, urlava in preda a un improvviso e insensato odio e repulsione verso Varani». Anche la ricerca di una vittima sarebbe nata per assecondare una fantasia di Manuel: «Voleva simulare uno stupro con un prostituto-maschio», dice Prato e non trovandolo nel loro giro in auto, i due chiamano Varani.Fatta questa premessa, Prato spiega così la sua partecipazione al delitto: «Ero infatuato di Manuel e ho cercato di assecondare la sua follia omicida, obbedendo in modo passivo alla sua richiesta di strozzarlo». Marc dice di averci provato a mani nude «ma senza riuscire a stringere in modo da ucciderlo». Anzi, «Luca pareva voler combattere per rimanere in vita». A quel punto, mette a verbale Prato, affiancato dal suo avvocato Pasquale Bartolo, interviene Foffo e «in preda a una furia bestiale inizia a colpirlo con il martello in testa, adirandosi sempre di più per non riuscire, nonostante tutti i colpi, a provocarne la morte e chiedendomi ripetutamente di aiutarlo».

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Nella versione di Prato il suo intervento è quasi un gesto pietoso per la vittima: «Ho iniziato a pensare che Luca era ormai in fin di vita e sarebbe stato meglio aiutare Manuel a portare a termine la sua azione omicida per evitare che soffrisse ancora». Insomma, riassume il gip, «secondo la descrizione di Prato, le plurime ferite e i colpi inferti tutti da Foffo non erano pertanto rivolti a provocare inutili sadiche sofferenze alla vittima, ma sarebbero stati tutti per uccidere e il conseguente accanimento di Foffo era dovuto soltanto all’incapacità di assestare dei colpi mortali».

Questo scrive il Corriere, con molta sensibilità per il fatto che i due fossero una coppietta gay. E ora dategli i bambini.