Boldrini: “Bandiere a mezz’asta per ogni femminicidio”, e per le vittime degli immigrati?

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Chiamate qualcuno bravo per Laura Boldrini, che, intervenendo a un incontro in Sala della Regina su ‘La Polizia di Stato con le donne’, invita a “ravvivare i simboli, perché la società ne ha bisogno”. Ecco dunque la proposta della presidente. “Sarebbe un segnale importante – rimarca – se tutte le istituzioni concordassero, ogni volta che una donna uccisa in quanto donna, ovvero ogni volta che c’è un femminicidio, di esporre le bandiere a mezz’asta in segno di lutto”.

E per i bambini? E gli anziani? E per gli uomini? Evidentemente, Boldrini è a corto di finanziamenti pubblici per le associazioni che si occupano dell’inesistente reato di ‘femminicidio’.

“Io sono certa – prosegue la presidente – che i cittadini e le cittadine apprezzerebbero e lo farebbero proprio, è un mezzo efficace per fare arrivare il messaggio che le istituzioni, anche simbolicamente, vogliano contrastare questo odiosissimo reato”. Boldrini invita poi a “fare squadra, sinergia”, tra “associazioni, forze di polizia, istituzioni: tutti devono agire in modo sinergico. E su questo contate su pure sulla Camera dei deputati, su questo punto noi ci siamo”.

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“Le problematiche relativa all’occupazione delle donne – continua Boldrini – dovrebbero essere al centro dell’agenda politica. A parità di mansioni, oggi in Italia una donna guadagna meno. Questo è inaccettabile, facciamo lo stesso lavoro e io guadagno meno? In base a cosa?”. Ma figuriamoci se una donna guadagna meno di un uomo nel caso lavori lo stesso tempo, è ovvio che non è così, infatti Boldrini incassa la stessa cifra incassata dall’altro incapace che l’ha preceduta. Le donne guadagnano meno come ‘genere’ perché essendo anche mamme utilizzano di più il part-time.

“Nei ruoli di vertici, poi – aggiunge poi la presidenta, tornando su un tema caro in tutti gli ex manicomi – ci viene chiesto di rinunciare alla nostra appartenenza di genere” poiché “il mio titolo viene coniugato al maschile. Se va bene coniugare al femminile lavori come la contadina, l’operaia, l’infermiera, deve poter andare bene anche quando si tratta di amministratrice delegata, ministra, sindaca. L’Accademia della Crusca – rimarca – ci dice che non farlo è un errore grammaticale. Il problema non è grammaticale ma di barriera culturale. Noi in questo modo non riconosciamo lo sforzo fatto dalle donne, neghiamo la loro presenza ai vertici. Mentre bisogna riconoscere il valore delle donne anche attraverso la declinazione al femminile dei loro ruoli”.

“Io – spiega ancora la presidente – non sono un’accanita sostenitrice delle quote rosa, anche perché credo che le donne abbiano tutte le risorse per poter competere, lungi da me dunque sostenere le quote rosa. Ma non ci sarebbe bisogno” di questa misura “se la nostra società fosse matura, avanzata. I nostri titoli sono tali che l’accesso dovrebbe essere garantito, purtroppo così non è”, e prova ne è che “nei consigli regionali la presenza femminile c’è dove c’è la doppia preferenza di genere”.

Siamo in presenza di un problema molto serio che dovrebbe essere affrontato da un professionista di grido. Il fatto che un’individua del genere sia presidente della Camera la dice lunga sul degrado in atto nella politica italiana.