Vietato arrestare i ladri, magistrato si confessa

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fact_iconVENEZIA – Una Giustizia che non c’è. Almeno non sempre. Perché arriva troppo tardi o perché vittima di norme e cavilli che la annientano. Come nel caso di Cris Caris, il nomade che nel 2006 venne preso a pistolettate da Ermes Mattielli. Come è andata a finire, è cosa nota: il rigattiere condannato a risarcire lui e il suo complice con 135mila euro, mentre Caris è stato fermato pochi giorni fa dopo aver compiuto un nuovo furto. Il giudice l’ha subito rimesso in libertà, perché risulta incensurato: la condanna per il tentato furto a Mattielli è finita in un nulla di fatto e quindi la sua fedina penale è ancora immacolata. Un corto circuito che non piace neppure al procuratore generale Antonino Condorelli.

L’opinione pubblica ha la sensazione che in carcere non ci vada più nessuno. È così?

«È uno stato d’animo certamente diffuso e che obbliga a riflettere. Non si può negare che, specialmente negli ultimi anni, sono state approvate in Parlamento una serie di norme che si pongono quasi sempre in antitesi con la custodia carceraria. In questo senso c’è stata una «stretta» davvero impressionante: ormai si tende ordinariamente ad escluderla, tanto che comincio a dubitare che sia possibile gestire credibilmente una «politica» di misure cautelari di questa tipologia. Al fine di evitare ogni polemica e di fare chiarezza tra scelte politiche e responsabilità valutative della magistratura, si potrebbe provocatoriamente arrivare a proporre che il carcere sia riservato ai soli episodi gravissimi di violenza come i fatti di sangue , e di manifesta responsabilità».

Quali norme impediscono la carcerazione?

«La più determinante e insuperabile, per i magistrati, è quella approvata lo scorso anno, in base alla quale prima della sentenza di condanna definitiva non si può inviare in carcere se per l’indagato si prevede un’eventuale condanna inferiore a tre anni di reclusione. E oggigiorno, considerando le varie attenuanti esistenti e i riti alternativi, per una gran parte di reati sono agevolmente prevedibili pene minime inferiori ai 36 mesi. A ciò si aggiunge un’altra legge, ormai vigente da molti anni, che dispone la sospensione dell’esecuzione della pena in caso di condanne definitive con pene da scontare inferiori ai tre anni, e la contestuale possibilità di richiedere in alternativa l’affidamento ai servizi sociali. Il risultato è che è ormai anche i pm non chiedono quasi più la custodia cautelare in carcere, perché sanno che la loro richiesta sarebbe destinata quasi certamente a essere respinta. Ma questa è la scelta fatta dal Parlamento, anche per le note carenze di adeguate strutture penitenziarie, e il messaggio è chiaro: non dobbiamo tenere la gente in carcere».

Questa è ancora Giustizia?

«Diciamo che non somiglia tanto alla vecchia concezione che avevamo della Giustizia. Appartiene a una visione nuova, che scommette sulla riabilitazione del reo. Il problema è che se non ci sono le risorse e gli strumenti per accompagnare il criminale in un percorso di controllo sociale e di recupero, risulta spesso inevitabile che, quando la persona torna libera, subito dopo ricomincia a delinquere. E se ha commesso un furto, ritorna a «operare» nello stesso modo. Questo, inutile negarlo, somiglia poco alla vera Giustizia, e soprattutto non tutela per niente le vittime dei reati».

C’è poi la piaga della prescrizione, che falcia la stragrande maggioranza dei procedimenti, come nel caso di Cris Caris che oggi risulta incensurato.

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«In realtà, prima ancora che maturasse la prescrizione, nel 2015 in sede di Appello il reato è stato riqualificato come furto non aggravato, quindi è procedibile solo a querela del derubato. A quel punto si è scoperto che il povero Mattielli – probabilmente vista la concitazione di quei giorni – non aveva mai formalizzato la propria querela. Il procedimento si è quindi chiuso, con il risultato che Caris risulta incensurato. E così risulterebbe comunque, anche in caso di altri furti eventualmente commessi in questi anni, a causa della intollerabile lentezza dei processi. Questo è molto grave».

Ora che è stato sorpreso nuovamente a rubare, vista la sua fedina penale pulita il giudice ha dovuto rimetterlo subito in libertà.

«Mi auguro non si rimetta a rubare ma temo che di lui sentiremo ancora parlare. E questo perché non c’è un pericolo reale di pagare pegno».

 

Il governo aveva annunciato rinforzi…

«Per ora non sono arrivati né magistrati né cancellieri».

Allora qual è la soluzione? «

Servono nuove carceri e personale sufficiente nei tribunali. Inoltre occorre ridurre i tempi dei processi eventualmente anche abolendo l’appello o stabilendo che la prescrizione è sempre esclusa dopo una condanna in primo grado: per la maggioranza dei reati, tre gradi di giudizio sono troppi e finiscono solo per favorire l’impunità».