Tor Sapienza: magistrati vogliono in carcere i capi della rivolta

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Iniziò con la circolazione bloccata, i cassonetti incendiati e i rifiuti bruciati in strada. Proseguì con un corteo che inneggiava alla morte degli invasori (e di chi ci guadagnava). Andò avanti con un lancio di pietre e oggetti sul centro di accoglienza. Finì, giorni dopo, con il trasferimento dei 44 ospiti della onlus «Un sorriso». Le fiamme nella «banlieu» romana divennero il simbolo del braccio di forza tra residenti e amministrazione, che finì per arrendersi.

 

E venne sventata una Colonia nel quartiere. Ma il Sistema presenta la vendete a freddo. Il pm Eugenio Albamonte ha indagato sei persone, fra cui i tre cinquantenni Elvio M., Valter D. e Robertino G., più Alessandro B., Manuel D. e Massimiliano R.

La loro colpa? Sarebbero stati i ‘capi’ della rivolta. Avrebbero organizzato i cittadini. Così, a loro sono contestate l’ istigazione e l’ adunata sediziosa (reati degni della Corea del Nord o dell’Iran) e la resistenza a pubblico ufficiale. Il tutto con l’aggravante di odio etnico e discriminazione razziale. Che i magistrati mettono sempre come ciliegina sul loro castello di sabbia.

Il problema dei magistrati, è che dietro i sei presunti capi della rivolta c’erano centinaia di persone. Cittadini che pagano gli stipendi anche ai magistrati. E quando è il popolo ha commettere ‘reati’, non è più una questione di ordine pubblico, è una rivoluzione.

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E che si sia trattato di una rivolta popolare, lo conferma anche l’inchiesta che ha scartato la tesi bizzarra (una bufala diffusa al tempo dai soliti media di distrazione di massa) di una rivolta artificiale, pilotata dalle coop di Salvatore Buzzi per disfarsi della concorrente, Gabriella Errico che ricostruiva pressioni nei suoi confronti, risultate inesistenti.

Un piccolo excursus. I nomi che Vox non scritto per esteso, sono invece presentati per esteso dai media di regime. Il motivo è ovvio: è una forma di minaccia, perché li indica ai terroristi rossi dei centri sociali e ai clandestini violenti.

Eppure, si tratta di imputati, non di condannati. E si tratta anche di persone che non sono personaggi pubblici.