I cosiddetti profughi hanno accatastato sedie e tavolini davanti all’ingresso della cooperativa sociale che gestisce il campo profughi all’interno dell’ospedale psichiatrico di Quarto, Genova. Dove Renzi ha piazzato loro al posto dei malati.
Non sono soddisfatti, i settanta fancazzisti africani, della struttura nella quale vivono oltre 6 mesi, del levante genovese.
Vogliono di più. Pretendono di più. Ecco i loro cahiers de doléanche presentati alla Prefettura. Prima di tutto, l’immancabile connessione wifi 24 ore su 24, vogliono accedere a spese dei contribuenti ai social network, altrimenti che se ne fanno, degli smartphone nuovi di zecca forniti dal governo?
Poi vogliono la «carta di residenza» e «il cambiamento del cibo», che considerano ‘insoddisfacente’ al loro status. Infine, vogliono “poter avere la diaria giornaliera direttamente nelle loro tasche”, lo stipendio da profugo.
Japo, Moussa, Ibraim, sono i tre portavoce della rivolta dei fancazzisti in fuga da guerre inesistenti ed esigono anche la creazione «di un centro di formazione professionale», «nuovi saponi da bagno» e di essere messi a conoscenza della «data di commissione» in cui verrà presa una decisione sul loro status.
Compilano un documento che viene consegnato i carabinieri e ai poliziotti che intervengono al campo profughi dopo la segnalazione dei volontari. Spiegano che si tratta della quarta volta che sono costretti a far sentire la loro voce: «Ma non abbiamo mai ottenuto risposta alle nostre lamentele», sottolineano. Inseriscono anche le date in cui hanno dato vita a queste proteste, il 25 luglio, il 28 settembre, il 10 ottobre e, ultima, 8 febbraio, lunedì scorso. «Ma nonostante questo – dicono – nulla è stato fatto ».
Nulla. Né wi-fi libero, né aumento di stipendio, né cibo diverso. Un dramma, una violazione dei diritti del profugo.