Il limite della sopportazione è stato superato. Questa notte, alcuni cittadini hanno dato alle fiamme una baraccopoli (ovviamente abusiva) in cui vivono cittadini di nazionalità bulgara, a pochi chilometri da Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Baraccopoli fonte di degrado e criminalità
A fuoco un’area di circa due ettari sulla quale sorgono una cinquantina di capanne in lamiera, cartone e plastica nel covo di circa 250 cittadini bulgari.
Lo chiamano il ghetto dei bulgari. Come tutti i ghetti, non sta nascosto da qualche parte, ma è ben visibile, ad appena venti chilometri da Foggia, dalle parti di Borgo Mezzanone. Sorge tra baracche ammucchiate l’una accanto all’altra. Tra le mosche e la puzza acida dei rifiuti, in un concentrato di miseria senza acqua, luce, gas e servizi igienici al di fuori di una fossa scavata nella nuda terra. È difficile immaginare che a pochi minuti di macchina dalla della città si possa piombare in un tale stato di degrado. Un degrado, per giunta, accettato dai suoi abitanti quasi come necessario.
Nei momenti di picco il ghetto dei bulgari raggiunge i 400 abitanti. Provengono in gran parte da Sliven, una città della Bulgaria orientale. Ricorda un campo rom, e molti dei suoi abitanti effettivamente lo sono. Ma se sono qui per larga parte dell’anno, riproducendo quella modalità abitativa, è per lavorare nei campi. I bulgari non raccolgono solo i pomodori, tra fine luglio e settembre. Vengono a marzo e lasciano il ghetto a ottobre, e sono impiegati in molti dei lavori agricoli che quest’angolo di Capitanata offre. Gli uomini non arrivano da soli. Si portano dietro anche mogli e figli.
Da un decennio ormai costituiscono la base di una migrazione stagionale che non ha l’intenzione di trasferirsi in Italia. Stanno qua per alcuni mesi e racimolano qualche centinaio di euro con l’obiettivo di passare l’inverno in Bulgaria. Pensano che 15 o 20 euro al giorno, in nero, siano un affare, che in fondo rapportati con una giornata di lavoro in Bulgaria non siano affatto male. Quasi nessuno tra i bulgari di Borgo Mezzanone parla apertamente di caporalato. Eppure alcuni tra loro ammettono che è intorno ai “capi” che ruota l’economia del campo.
Sono loro a sottrarre 10-15 euro dai 25-30 che si riesce a guadagnare in una giornata. Così almeno ammette una donna, mentre indica senza farsene accorgere un uomo bassino a torso nudo intento a lavare un Bmw grigia in mezzo al fango. “È lui il capo”, dice. Nella Capitanata globale, i bulgari sono l’ultima ruota del carro di un mondo del lavoro che si sta rimescolando velocemente. Se da una parte a raccogliere pomodori, e non solo pomodori, ci sono loro – gli ultimi tra gli europei dell’Est – che accettano paghe di gran lunga inferiori anche a quelle degli altri braccianti stranieri, dall’altra ci sono migliaia di nuovi braccianti prodotti dalla crisi.
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