Giulio Regeni “collaborava con Il Manifesto” e utilizzava uno pseudonimo “perché temeva per la sua incolumità”. Lo riferisce all’ANSA la redazione de Il Manifesto, precisando che il giovane si occupava in Egitto in particolare dei sindacati del Paese.
Ecco che si inizia a comprendere. Un altro povero ragazzo traviato da cattivi maestri, che gli hanno insegnato a fidarsi del ‘diverso’. Un altro agnello sacrificale in nome del dialogo.