«Rette per l’assistenza: io costretto a pagare, l’immigrato tutto gratis»

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Gervasutta in una casa di riposo; poi all’ospedale civile e altri dieci giorni in casa di riposo, prima di arrivare a casa. Continua l’odissea di Franco Nicolò Rossit, 60 anni, dipendente del tribunale di Udine, dall’agosto del 2014 vittima di un grave trauma cerebrale subito nell’incidente causato da un malore mentre era alla guida della sua auto. E continua la battaglia della moglie Roberta, insegnante.

Dopo settimane di cure, pochi giorni fa Rossit è stato trasferito in una casa di riposo, la Sant’Anna. «L’ospedale non è un albergo, mi è stato detto e sono stata costretta a spostarlo in quella struttura – racconta la signora Roberta –. Ho dovuto sottoscrivere un contratto di un mese, ma in quel luogo non ci sono medici, ma personale infermieristico.

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La situazione sanitaria è affidata al controllo di medici di base. E quando il medico che mi è stato affidato ha visto mio marito mi sono sentita dire: “È grave e io non ho abbastanza tempo da dedicargli; si trovi un altro medico”. Ho telefonato all’ordine dei medici – continua la signora Rossit – e mi hanno suggerito di fare una denuncia scritta. Cosi ho fatto».

«Ora la clinica Sant’Anna esige da me 2.100 euro, la retta per un mese, ma mio marito è rimasto dieci giorni. Mi ricordano che ho firmato un contratto, ma non avevo alternativa e, comunque, non ho trovato il servizio che serviva a mio marito: assistenza per un caso così grave».

«Non è etico – continua l’insegnante, riportando alla ribalta il caso Kennedy –. L’anno scorso al Gervasutta, Kennedy Afriyie, era vicino di camera di mio marito. È stato ospitato dalla Regione Fvg per tre anni per un attacco ischemico. Servito, riverito con tutto pagato. Mio marito è stato spedito da una parte all’altra, con costi spaventosi. Non è un Paese normale questo – continua disperata la signora Roberta –: gli ospedali ti costringono in strutture che pochi possono permettersi o che costringono i familiari a sacrifici enormi.
A questo aggiungete la burocrazia massacrante: da 17 mesi lotto per ottenere dei fondi. Mio marito non aveva raggiunto l’età pensionabile per pochi mesi. Ha fatto malattia e adesso mi dicono che finchè la pratica non è chiusa non si può fare nulla. La pratica di mio marito non sarà mai chiusa. Ho chiesto un periodo di sollievo in una Rsa per sbrigare le pratiche: non ne ho diritto. Mi hanno suggerito di travestirlo da profugo».