Dei tremila connazionali che subirono le purghe staliniane ne tornarono solamente trecento. Dopo questo “olocausto sconosciuto”, gli italiani confinati in Crimea provarono poi, senza alcun risultato, a tornare nella loro vera madrepatria contattando ripetutamente lo Stato italiano, allora però troppo impegnato a riscrivere la storia dalla cattedra del Partito Comunista di Togliatti.
Dal dopoguerra in poi infatti, in Italia vigeva una certa difficoltà a parlare delle notizie che giungevano dai paesi dell’Est, tanto da arrivare al tentativo di occultare tragedie come quelle delle foibe di Tito o dei gulag di Stalin. All’epoca, aiutare a far tornare a casa i propri connazionali superstiti del “paradiso socialista” appariva a molti troppo politicamente scorretto: 300 deportati italiani che raccontano le sofferenze di un popolo oppresso dal comunismo? Non se ne parla! Fino a prova contraria non sono italiani!
Grazie agli sforzi dell’associazione operante in loco denominata “Il Cerchio” (traduzione italiana di Kerch), del professor Giulio Vignoli e di poche onlus come Sol.Id e L’Uomo Libero, negli aiuti alla comunità italiana di Crimea, finalmente ai nostri connazionali è stata riconosciuta la doppia cittadinanza russa-italiana.
Ma ancora manca, per i figli e i nipoti di questo olocausto volutamente dimenticato, lo status di deportati.
Davanti alla stazione di Kerch vi e una stele in ricordo delle deportazioni staliniane in cui vengono nominati tedeschi, greci, armeni, bulgari e tartari, ma non gli italiani.
E in Italia? Avete mai sentito parlare di questa storia ITALIANA?
Qualche professore sessantottino vi ha mai semplicemente accennato a questa voragine di “memoria condivisa”?
Gad Lerner o la D’Urso hanno mai pianto in diretta raccontandovi le sofferenze dei nostri compatrioti?
Tra il 27 e il 29 gennaio ricorre l'anniversario della deportazione degli italiani di Crimea nei gulag della Russia…
Pubblicato da Andrea Bonazza su Mercoledì 27 gennaio 2016