PORDENONE – Si è sparsa la voce dell’accoglienza a ‘braccia’ aperte di Serracchiani, così in un paio di giorni sono arrivati in 18, tutti nel piazzale della chiesa del Beato Odorico, tutti Pakistani. Islamici.
E l’hanno scelta perché lì, le orde di invasori islamici, trovano coperte, materassini e un ogni ben di dio garantito dalla famigerata Rete solidale. Chissà quanti terroristi hanno rifocillato.
E hanno praticamente invaso uno degli ingressi della chiesa accatastando le loro cose a ridosso di una delle porte utilizzate per l’entrata dei fedeli. Tanto, per loro è solo un dormitorio. In attesa di trasformarla in moschea.
Stazionano sul sagrato, di sera si accovacciano negli angoli, riparati dal porticato, ricaricano gli smartphone nuovi fiammanti grazie alle prese che si trovano all’esterno, vanno in bagno dietro i cespugli. Uno schifo. Collaboriamo alla nostra distruzione.
La famigerata Rete solidale ha portato loro coperte, teli, materassi. Ha scandalosamente coperto una parte del porticato con un telo, creando di fatto una parete: in pratica una tendopoli. Durante la giornata i clandestini gozzovigliano, vanno in giro, passeggiano. Tre erano seduti al sole di mezzogiorno, sopra alcune coperte. Tolte le scarpe, erano appoggiati a un muro.
«A casa nostra ci sono i talebani – ha detto uno in un inglese stentato –. Qui stiamo bene». Inutile dire che, a casa loro, non c’è nessun talebano: i talebani sono probabilmente loro.
«La soluzione non è l’Antares, dove tra poco comincia la stagione sciistica, nè la Casa del popolo. Ma non lo è neanche il sagrato di una chiesa» dice la gente. La soluzione è il Pakistan.
La responsabile di questa sconceria, la collaborazionista islamica, è tal Luigina Perosa, della famigerata Rete solidale.