Jihad: la droga dell’Isis e l’arresto del principe saudita

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Jihad, scoppia un nuovo caso mediatico. Il silenzio-stampa pressoché totale riservato dall’Occidente alla notizia-bomba dell’arresto, avvenuto lunedì scorso, di un principe della Famiglia reale saudita, Abdel Mohsen ben Walid ben Abdelaziz Al Saud detto «Lo Sceicco». L’uomo si stava imbarcando sul suo jet privato, destinazione Riyad, con altre quattro persone a bordo e con un carico di due tonnellate di droga, pillole di captagon e strisce di cocaina, celate in apposite scatole. A bloccarlo, han provveduto i servizi di sicurezza aeroportuale, secondo quanto rivelato dall’agenzia Algérie1.

Il captagon viene classificato tra le anfetamine, che eliminano la paura, il dolore, la fatica, i bisogni di cibo e di sonno. Prodotto e smerciato in Libano, ora viene utilizzato dall’Isis per galvanizzare i propri miliziani durante gli attacchi, le esecuzioni o le operazioni kamikaze, specie in Siria ed in Iraq. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, tale sostanza avrebbe potuto esser stata assunta anche da Seifeddine Rezgui, il terrorista islamico che lo scorso 28 giugno su di una spiaggia tunisina ha aperto il fuoco contro i bagnanti, uccidendone 38 e ferendone un’altra trentina, prima d’esser ammazzato da un poliziotto.

Non solo: questa droga rappresenta, al contempo, per gli jihadisti un’enorme fonte di reddito. Esportandola, soprattutto verso i Paesi del Golfo, finanziano le proprie azioni criminali. 200 mila pillole consentono un introito di ben 1,2 milioni di dollari, mentre, per produrla, ne basta qualche migliaio.

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La sharia ovvero la legge islamica, in Arabia, riserva la pena di morte ai trafficanti di stupefacenti. Ciò nonostante, proprio qui ogni anno vengono sequestrati 55 milioni di queste pillole, pari tuttavia soltanto al 10% di quelle in circolazione nel Regno, secondo quanto denunciato nel rapporto 2013 diffuso dall’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga. Del resto, ora anche il Paese ha bisogno di nuove risorse, non importa quali, essendo diminuiti i proventi del petrolio.

L’Occidente non ha diffuso la notizia, benché eclatante, dell’arresto del principe saudita, essendo l’Arabia considerato un alleato. Il giornalista americano Glenn Greenwald, del resto, ha recentemente pubblicato un articolo su The Intercept, in cui si accusa la Gran Bretagna d’essersi più volte servita della Bbc, per modificare le notizie “scomode” ed occultare così il traffico d’armi dirette dal Regno Saudita ai gruppi terroristici islamici.

In collaborazione con: nocristianofobia.org