Ormai è un dato di fatto: i muri funzionano.
La barriera che protegge la frontiera con la Serbia è ormai pienamente operativa. Oltre 175 chilometri di struttura metallica e fil di ferro sorvegliata da migliaia di uomini fra agenti, militari, mezzi blindati ed elicotteri.
Il governo ha mantenuto la sua promessa: sigillare il confine con la Serbia dal quale arriva la stragrande maggioranza degli invasori islamici: «La politica delle quote non è una soluzione – aveva detto qualche settimana fa il ministro degli esteri Péter Szijjártó –, essa incoraggia l’immigrazione illegale e l’attività dei trafficanti di esseri umani». L’unico modo è bloccarli prima che entrino in territorio europeo, non distruirli in modo capillare.
Per Szijjártó se l’Ungheria non difenderà i confini nazionali il numero dei clandestini islamici che raggiungeranno il suo territorio entro la fine dell’anno potrebbe salire fino a mezzo milione.
«Se non li fermiamo sarà la fine per l’Europa» ha detto di recente a Bruxelles Orban.
E lui li sta fermando. E avvisando: migliaia di volantini sono stati diffusi lungo il percorso meridionale che porta in Ungheria: «Violare il confine è un crimine che verrà punito con la prigione», c’è scritto. Clandestino avvisato…
«Abbiamo chiesto al governo ungherese chiarimenti sulle nuove leggi e porteremo avanti il dialogo prima di trarre conclusioni», ha starnazzato Natasha Bertaud, portavoce del commissario europeo Dimitris Avramopoulos che oggi sarà a Budapest. Dove verrà accolto e non ascoltato.
Avanti Orban, sei l’ultimo ‘uomo in Europa’.