Africano a governo: “Africani vengono da Paesi dove non ci sono guerre, vanno rimandati indietro”

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Joseph Giuseppe, aiuto cuoco del Togo da venticinque anni in Italia, osserva, seduto su una panchina del Giardino Cavalleggeri, nel centro di Padova, i nuovi arrivati. Anche loro africani, ma di un altro tipo.

Osserva due ragazze e tre ragazzi nigeriani, giovanissimi, portati in città dai bus del governo dopo essere stati raccattati in Libia da qualche nave militare. Loro dormono nella caserma Prandina, trasformata in hotel per profughi. Finti.

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Li guarda e scuote la testa. I tre sembrano turisti. Si fotografano a turno con l’iPhone nuovo di zecca e caricano gli scatti su Facebook, così gli amici in Nigeria vedranno dove sono arrivati e si metteranno in viaggio. Risaltano le Nike nuovissime ai piedi del ragazzo: le abbiamo pagate noi.

Scuote la testa Joseph: “È una vergogna per l’Europa e per l’Africa. Questi ragazzi partono senza saper fare un lavoro. Si preoccupano di avere un paio di Nike, il telefonino. Ma nessuno sa, nemmeno loro, cosa faranno tra un anno. Intanto mettono le foto su Facebook, dicono che si sta bene e anche i loro amici partono. Quelli che arrivano dai Paesi dove non ci sono guerre vanno fermati e, se possibile, rimandati indietro. Nessuno di loro da qui racconterà agli amici che hanno lasciato la sofferenza in Africa per venire a soffrire in Europa”.

Finirà che l’ondata di clandestini travolgerà anche quelli come Jospeh (un’immigrazione di poche migliaia di persone non è un problema) perché quando inizia la guerra, non si fanno più distinzioni.