Contrabbando, droga, sequestri: il business del jihad

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SigaretteCi sono le sigarette di contrabbando sul banco degli imputati. Non tanto e non solo per la loro diffusione illegale, né per la qualità del prodotto. Peggio. Sarebbero loro a garantire ai terroristi islamici oltre il 20% dei loro proventi, collocandosi tra le principali fonti di finanziamento dell’eversione internazionale. Una quindicina di reti criminali praticherebbe tale commercio illecito. Tra queste, anche Aqmi ovvero al-Qaeda del Maghreb islamico, i talebani pachistani del Ttp, gli hezbollah libanesi e la sigla palestinese di Hamas.

Da Coulibaly alla droga

A confermarlo è un rapporto pubblicato nel marzo scorso dal Centro d’analisi del terrorismo francese e ripreso in questi giorni dal settimanale L’Express. E’ più di un campanello d’allarme. Il nome di Amedy Coulibaly dice ancora qualcosa a molti. Sicuramente alle forze dell’ordine. Fu lui a compiere il tragico sequestro presso l’Hyper Cacher di Porte de Vincennes, a Parigi, lo scorso 10 gennaio. Sequestro, che costò la vita a quattro persone. Nei garages utilizzati da lui e dal suo complice, Djamel Beghal – condannato a 10 anni di carcere per aver progettato un attentato -, i poliziotti hanno fatto una curiosa scoperta: han trovato due cartoni pieni zeppi di stecche di sigarette di contrabbando. All’epoca erano sulle loro tracce, in quanto sospettati di tramare l’evasione di un altro jihadista.

Tutto questo sta suscitando un comprensibile allarme in Europa. Il Segretario di Stato francese, incaricato del Budget, Christian Eckert, del Partito Socialista, ha sottolineato recentemente, nel corso di un’intervista rilasciata a Le Figaro, come sia ormai accertata l’estrema contiguità «di molti jihadisti alla piccola delinquenza, in particolare contraffazioni, tabacco di contrabbando e droga)». Un fronte che, anche in Italia, apre più di un interrogativo e merita più di un approfondimento. Non a caso già nel 2013 l’importante dossier dell’Ispi-Istituto per gli Studi Politica Internazionale dal titolo Il nuovo jihadismo in Nord Africa e nel Sahel, pubblicato da fonti parlamentari ed istituzionali, nello specifico dall’Osservatorio di Politica Internazionale, evidenziava già il coinvolgimento di al-Qaeda nella gestione delle «attività illecite di contrabbando di merci, nei primi tempi soprattutto sigarette», facenti capo a Mokhtar Belmokhtar, non a caso «conosciuto anche col soprannome di ‘Mister Marlboro’. La novità più grande consiste proprio nella convergenza di attività criminali e ideologia islamista», compresi «altri beni come le automobili di lusso rubate e gli stessi esseri umani, nel quadro del più ampio business dell’immigrazione illegale».

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Nell’importante documento è spiegato anche come avvenga tutto questo: «In tutti questi casi, uomini di al-Qaeda sono attivi nello stringere accordi e condurre affari con le organizzazioni criminali del posto, al punto che questo tipo di attività del movimento islamico è stato etichettato con espressioni come ‘gangster jihadismo’, ‘al-Qaeda mafia style’ (in riferimento ai metodi tipici delle organizzazioni a stampo mafioso cui al-Qaeda fa ricorso nel Sahel, dalla richiesta del ‘pizzo’ sul passaggio delle merci all’instaurazione di un sistema di ‘famiglie’, che hanno il controllo sulle attività criminali) fino a quella di ‘islamismo contrabbandiere’, con riferimento al mix di ideologia salafita-jihadista e operazioni tipiche della criminalità organizzata».

I sequestri di persona

E’ molto interessante anche leggere cosa tale documento dica circa i sequestri di persona, attività che, da sola, garantisce «probabilmente più di tutte una cospicua rendita in tempi relativamente brevi»: «Si stima che dal 2003 ad oggi [2013-NdR] Aqim [al-Qaeda del Maghreb islamico-NdR] abbia guadagnato centinaia di milioni di dollari dal pagamento dei riscatti per il rilascio di cittadini occidentali rapiti. E’ importante sottolineare come, nella maggior parte dei casi, gli ostaggi – quasi sempre turisti, operatori di organizzazioni non governative o impiegati di multinazionali – sembrano essere individuati in base all’attitudine o meno del Paese di provenienza a scendere a compromessi tramite il pagamento dei riscatti». In particolare, Spagna, Francia, «Italia, Austria e Germania» hanno «dimostrato un’attitudine al negoziato maggiore rispetto ad altri. Laddove vi siano governi tradizionalmente integerrimi nel rifiuto al negoziato ed al pagamento di riscatti – e, nonostante alcuni di questi, come gli Stati Uniti ed Israele, siano tra i maggiori nemici del radicalismo islamico – è statisticamente difficile che vengano sequestrati loro cittadini». Sapendolo, occorrerebbe anche agire di conseguenza. Non a caso però Ovidio, nelle Metamorfosi, ricorse alla celebre locuzione: «Video meliora proboque, sed deteriora sequor» (“Vedo quanto sia meglio e l’approvo, ma seguo il peggio”).

In collaborazione con: nocristianofobia.org