Gli mettono ‘profughi’ in casa senza avvisarlo

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UDINE – Non l’avevano nemmeno avvisato, prima di spedire a casa sua 38 presunti profughi. Parliamo di Francesco Lovaria, che ha scoperto che nella “sua” abitazione sarebbero stati ospitati gli africani, solo leggendo la notizia sul Messaggero Veneto.

La ‘casa’ in questione è Villa Lovaria a Pavia di Udine, una lussuosa struttura storica tutelata dalla Soprintendenza che ospita cinque appartamenti quattro stelle e un ristorante di classe. Ora ospita anche 38 africani: a spese nostre.

Una villa storica trasformata in campo profughi di lusso. L’edificio originario venne costruito nella seconda metà del XVII secolo.

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Ieri, l’avvocato Maurizio Miculan ha chiesto al prefetto di revocare qualsiasi atto finalizzato ad autorizzare l’ospitalità dei profughi e di vietare qualsiasi utilizzo della villa diverso dalla propria storia e dalla propria destinazione nonché contrario alla legge che prevede che «i beni culturali non possano essere distrutti, deteriorati, danneggaiti o adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».

Miculan ha anche presentato una denuncia querela chiedendo alla Procura il sequestro preventivo della porzione di villa di proprietà di Alessandro Viscovich. Il trasferimento dei profughi sarebbe infatti stato programmato in virtù di un accordo tra la Croce Rossa e lo stesso Viscovich, nominato erede da un nipote di Antonio Lovaria.

Tra lo stesso Viscovich e Francesco Lovaria, che insieme ai frafelli Andrea, Anna e Isabella è proprietario di circa il 60% della villa, è pendente anche una causa di divisione.

La preoccupazione di Lovaria è che l’immobile, in particolare gli affreschi, le statue, gli stucchi e gli alberi secolari del parco, possano essere danneggiati.