Interpellato sulla possibilità di attuare un blocco navale davanti alla Libia per fermare i barconi degli scafisti il ministro dell’Interno ha pesantemente insultato sia la Meloni sia Matteo Salvini che, nei giorni scorsi, avevano caldeggiato l’ipotesi. “Parole semplici utilizzate per dire bugie cosmiche”, ha tuonato si microfoni di Agorà.
“Vedo una serie di raffinati statisti come Salvini e Meloni che propongono il blocco navale – ha commentato Alfano – una soluzione impraticabile nei termini in cui viene posta, perché, aveva spiegato il ministro, rappresenterebbe una la violazione di più convenzioni internazionali e quindi con la dichiarazione di stato di guerra”. A stretto giro è arrivata le replica della presidente di Fratelli d’Italia che ha apertamente chiesto le dimissioni dell’esecutivo: “Provo sincera pena per Alfano, è una brava persona che si è ritrovata a ricoprire un ruolo fuori dalla sua portata”.
Qualcuno dica a u’libicu che in guerra ci siamo già. Le guerre si distinguono perché qualcuno tenta di invadere un luogo che non gli appartiene. E la guerra attraverso l’immigrazione ne è la forma più subdola e più dannosa: perché rende il processo di invasione irreversibile.
Molto meglio essere occupati da armate, le puoi combattere. Che da orde di finti poveracci che stuzzicano l’animo gentile di checche isteriche con il conto milionario e il culo caldo. L’arma del pietismo è tremendamente più efficacie della polvere da sparo. Bene lo aveva intuito il finto non-violento Gandhi.
E poi, un’occupazione militare non lascia tracce. L’invasione in atto è, invece, una sostituzione etnica dalle implicazioni colossali. Solo degli incapaci come Al Fano e Renzi, messi lì proprio per questo, non se ne rendono conto: in guerra, ci siamo già. La guerra c’è stata dichiarata da tempo. Fingere che non sia così, seguendo uno stolido formalismo di legalità internazionale è la via più semplice alla catastrofe.