La lobby gay scatenata contro la libertà di coscienza

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Pence

Ancora una volta la lobby Lgbt ha vinto. Ancora una volta ha mostrato il suo vero volto, aggressivo ed intollerante. Ancora una volta ha dato prova di sapere, di poter e di voler condizionare gli ambienti della politica, della finanza, dei media, i gangli vitali della società occidentale.

La legge sulla libertà religiosa, approvata nello Stato americano dell’Indiana, all’arcipelago gay proprio non piaceva. Così ha mosso i pezzi grossi, assieme ai grandi nomi della finanza, per contrastarla. Vistosamente, orchestrando polemiche strumentali e manifestazioni di protesta a comando, anche davanti al Congresso, sui media, urlando una cosa sola: che fosse ritirata.

Ha aperto i fuochi Tim Cook, l’amministratore delegato della Apple, che fa grossi affari con i sauditi frusta-gay. Il quale, dopo aver dichiarato ai quattro venti la propria omosessualità, è di nuovo intervenuto pubblicamente con un editoriale sul Washington Post, definendo discriminatoria la nuova normativa. E’ ricorso a toni da “colpo di stato”: «Qualcosa di molto pericoloso sta accadendo negli Stati della Federazione», è giunto a dichiarare, tacciando questa – come un altro centinaio di proposte di legge – di delitti orribili: di voler razionalizzare «l’ingiustizia», di andare «contro i veri principi sui quali è stata fondata la nazione», di «cancellare decenni di progressi verso una maggiore uguaglianza». E paragonandola addirittura alle norme razziali del secolo scorso.

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Cosa poteva esservi di tanto criminale nella disposizione in un primo tempo approvata nell’Indiana dal governatore Mike Pence (nella foto)? Semplicemente assicurava, ad esempio, a sacerdoti ed imprese del settore ricettivo la possibilità di rifiutarsi di celebrare le “nozze” gay, quando ciò andasse contro le proprie convinzioni religiose. Tutto qua. «La fede e la religione sono valori importanti per milioni di abitanti dell’Indiana ed anche per la mia famigliola – aveva dichiarato Pence – E con l’approvazione di questa legge, noi assicuriamo allo Stato di continuare ad essere un luogo, dove si rispetti la libertà religiosa di ciascuno». Un diritto sacrosanto. Specie tenendo conto dei fatti di cronaca.

Solo poche settimane fa era giunta una denuncia pubblica – questa sì, sconvolgente – da parte di gruppi cattolici ed evangelici: erano stati registrati, infatti, numerosi casi di censura e di licenziamenti a danno di chi semplicemente si fosse impegnato a sostegno del matrimonio tra uomo e donna, chiedendo per esso maggiore tutela legale, nel rispetto delle convinzioni di lavoratori ed imprenditori. Una discriminazione violenta ed inaccettabile, quella attuata contro costoro, per lo più credenti.

Ma le lobby Lgbt, rabbiose, non potendo raggiungere quanto preteso attraverso le vie della tanto decantata democrazia, hanno deciso di attuare una politica da guerrilla nella logica del sabotaggio: ad esempio, invocando a gran voce il boicottaggio dell’Indiana come organizzatore di importanti eventi sportivi a livello nazionale. E poi urlando, urlando, urlando.

Ancora una volta la campagna mediatica scatenata contro la legge ha avuto la meglio ed ha costretto il governatore Pence a cedere e ad annunciare che la legge verrà modificata – non si sa ancora come ed in qual misura – «per proibire qualsiasi discriminazione, specialmente contro gli omosessuali». Mike Pence, quasi scusandosi, ha voluto precisare come, in realtà, «questa legge non permettesse di rifiutare un servizio alle ‘coppie’ gay e lesbiche», puntando piuttosto a garantire l’esercizio della religione a qualunque cittadino di fronte alla Giustizia dell’Indiana. Ed ha riconosciuto l’impatto negativo patito in termini di immagine dal suo Stato, a fronte delle virulente proteste scatenate dalle lobby Lgbt. Che, ancora una volta, sono riuscite ad imporre, nel giro di poche ore, il proprio volere, al di sopra di ogni regola. Tutto il resto sono solo chiacchiere…

In collaborazione con: nocristianofobia.org