“La Francia dovrebbe smettere di impedire l’utilizzo di termini inglesi nel proprio linguaggio e abbracciare le parole provenienti da altre nazioni. Lo ha detto il ministro della cultura, che è, avete indovinato, quella signora coreana nella foto. Tra l’altro è anche nata in Corea del Sud, anche se non è importante dove nasci, ma ‘da chi nasci”.
Al di là della dichiarazione in sé – è vero che in Francia si arriva spesso a situazioni eccessive e quasi comiche per l’ossessione di difendere la purezza della lingua – non trovate culturalmente ripugnante, che ad occuparsi di cultura in Francia sia una coreana? Un po’ come se la Kyenge divenisse ministro della cultura in Italia. Sia chiaro: la signora potrebbe essere un meraviglioso ministro della cultura in Sud Corea – meno la Kyenge in Congo, anche se il livello globalmente più basso potrebbe aiutarla – ma non in Francia. Come chi scrive non potrebbe esserlo in Corea.
Il ministro ha detto: “La lingua francese non è congelata. Una lingua è in continua evoluzione”. E ha ragione. Se importi africani, la tua lingua non sarà più come prima. Muterà con tutto il resto. La République ha sempre pensato una difesa dell’esteriorità dell’identità francese in modo ossessivo, ma l’identità è figlia di chi la esprime. La cultura viaggia con le persone. E anche la in-cultura.