Un enorme buco nero agli inizi dell’Universo: come si è formato?

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E’ sicuramente una notevole sfida a ciò che sappiamo sui buchi neri e il loro rapporto con le galassie, quello che è stato osservato e studiato da due team di ricerca dell’Università dell’Arizona e dell’Università di Pechino. Lo studio è stato pubblicato su Nature ( qui il link, che contiene i dati precisi su massa e luminosità).

Ma cosa hanno visto?
Si tratta di un particolare corpo celeste, un quasar, con una luminosità ( ovvero intensità dell’energia emessa) di oltre 420 miliardi di volte quella del Sole. Un dato già di per sé impressionante e senza precedenti; ma ciò che rende la scoperta ancor più rilevante è la distanza nello spazio ( e quindi nel tempo) a cui è stato osservato: a quasi 13 miliardi di anni luce.

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Per comprendere il ‘nocciolo della questione’, è bene rammentare in breve cosa sono i quasar. Scoperti negli anni ’60, apparivano degli oggetti delle dimensioni di una stella, in grado di emettere una gran quantità di onde radio ( da cui deriva il nome stesso: quasi stellar radiosource). Tuttavia c’era un elemento che chiaramente non tornava: la loro luminosità era superiore a quella di intere galassie, quindi decisamente troppo alta perché potesse trattarsi realmente di stelle.
Le reazioni termonucleari che alimentano gli astri, per quanto importanti, appaiono difatti miseramente inadeguate per giustificare la luminosità di un quasar. Ci vollero decine d’anni di dibattiti, ma alla fine si trovò una posizione che mettesse d’accordo un po’ tutti: questa enorme luminosità deriva dal collasso gravitazionale di stelle e materiale interstellare, spinti a velocità folli ( prossime a quella della luce) in un buco nero supermassiccio.

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Tornando dunque alla scoperta, aver individuato un quasar tanto luminoso implica che esso sia ‘alimentato’ da un buco nero particolarmente grande, anche tra i super massivi; e la domanda allora è: come può essersi formato? Infatti, aver osservato questo quasar a 12,8 miliardi di anni luce, significa che la sua luce ci è stata inviata ben oltre 12 miliardi di anni fa; in altre parole quello che vediamo esisteva già poche centinaia di milioni di anni dopo il big bang.

Il problema che si pone, allora, è come quel buco nero possa essersi accresciuto tanto: gli è bastato aver inghiottito le primissime stelle e galassie?

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Il forte dubbio è che l’origine dei buchi neri supermassicci, ovvero di massa abbondantemente superiore a quelli ‘standard’, sia differente dalla ‘classica’ implosione di una stella supermassiva, anche se il risultato sostanziale è lo stesso: un luogo dello spazio caratterizzato da una tale attrazione gravitazionale che nemmeno la luce può sfuggirvi.

La scoperta suscita pertanto un nuovo impulso alla ricerca e allo studio di buchi neri e quasar, uno studio che dovrà necessariamente avvalersi dei migliori telescopi terrestri e spaziali, per studiare le immagine alle più svariate lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico. E ricordando che nello stesso nucleo della nostra galassia, è presente un buco nero supermassivo ( attualmente in un particolare stato di ‘quiescenza’), la cosa potrebbe riguardarci più di quanto non crediamo..




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