Gli immigrati islamici e l’auto come arma per uccidere

Vox
Condividi!

Così anche gli agnelli musulmani scopriranno il lupo dentro di loro

L’automobile è stata sempre sentita dai giovani maschi come una conquista di potenza. E di fatto lo è. Non per nulla la pubblicità di solito presenta un nuovo modello con accanto una prorompente ragazza sexy pronta ad accettare un passaggio: conquistare una donna è stato sempre simbolo, almeno in occidente, di qualsiasi altra conquista. È la velocità cui si può spingere un’automobile che suggerisce al maschio il senso della propria potenza? No, la velocità ne è soltanto lo strumento: il vero motivo è la possibilità di uccidere, una possibilità che trasforma l’automobile in una potentissima arma e l’uomo che la possiede ovviamente nel più forte di tutti, tanto quanto se avesse in mano una pistola. Molti dei cosiddetti incidenti del sabato sera, che di solito coinvolgono tragicamente i giovani, hanno alla base l’eccesso di velocità, una velocità che è per i maschi ricerca della massima potenza, quella che domina su tutti gli altri perché li terrorizza con il timore della morte.

In una società come quella europea, dove la violenza è repressa in forma addirittura ossessiva in ogni forma, dove non è lecito coltivare sentimenti ostili verso nessuno, né pronunciare parole che possano essere interpretate come offensive, i musulmani, immigrati o residenti, hanno ben poche possibilità di rivelare la volontà di potenza che li anima nei confronti degli europei. Una volta compresa però la funzione mortifera che si accompagna all’automobile è sufficiente mettersi al volante e lanciarsi in velocità sulla folla nelle strade o nelle piazze per provocare con estrema facilità terrore e strage. È quello che sta succedendo in Francia. Nel giro di pochi giorni, prima a Joué- lès- Tours, poi a Digione, poi a Nantes, un uomo alla guida di un camioncino o di un’automobile ha diretto la macchina contro la folla invocando il nome di Allah. Le autorità francesi escludono che si tratti di terrorismo in quanto non c’è nessun gruppo organizzato dietro ai singoli esaltati; si parla piuttosto di lupi solitari, di personalità fragili sulle quali fa presa la propaganda in favore della Jihad in un mondo interconnesso come quello attuale. Ma è un ragionamento troppo superficiale che non tiene conto dell’estrema possibilità di coinvolgimento e di conoscenza attuabile oggi attraverso i mille mezzi d’informazione dei quali siamo forniti.

Vox

Questo è il punto sul quale riflettere: nessuno oggi è veramente “lupo solitario”, in qualsiasi luogo risieda, qualsiasi sia la sua religione perché basta un clic a metterlo in connessione con molti altri, ma soprattutto perché anche il lupo più solitario sa che oggi l’unica, vera battaglia in atto nel mondo è quella dei credenti musulmani nei confronti di tutte le altre società, battaglia ovunque vittoriosa perché i popoli aggrediti o si sottomettono o scappano. L’islamismo è conquista, così come Maometto è stato un conquistatore. Non si può essere musulmani senza adeguare la società ai voleri di Allah. Il cosiddetto dialogo interreligioso è un fatto da tavolino, di spirito tipicamente occidentale, non cambia e non può cambiare nulla all’intrinseca necessità di conquista che sottende il musulmanesimo. Per quanto tranquille possano essere oggi le comunità musulmane esistenti in Francia (così come in Spagna, in Italia, in Germania), verrà il momento in cui, mano a mano che le presenze musulmane diventeranno non soltanto molto numerose, ma consapevoli del loro essere vincenti, l’Occidente sarà costretto a risvegliarsi dalla sua stupida neghittosità e si accorgerà, ma sarà troppo tardi, di trovarsi sotto il piede islamico.

Ida Magli- Italianiliberi.it
23 dicembre 2014