Nuovo schiaffo all’Italia nell’ambito del caso marò. La Corte suprema indiana ha infatti respinto le istanze presentate dai Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, volte ad una attenuazione della libertà provvisoria.
L’istanza di Girone, per un rientro in famiglia per un periodo di tre mesi in occasione delle festività natalizie, è stata poco dibattuta, mentre quasi tutto il tempo del dibattito concesso si e’ incentrato sui quattro mesi chiesti da Latorre per continuare il suo percorso terapeutico intrapreso in Italia dopo l’ictus che lo aveva colpito a settembre. Il suo permesso scade il 13 gennaio.
Il presidente della Corte, H.L.Dattu, ha osservato: “Allorché le indagini non si sono concluse e i capi d’accusa non sono stati presentati come posso io concedere l’autorizzazione agli imputati? Sarebbe bene che tutti gli sforzi fossero concentrati sulla chiusura della fase istruttoria del processo”. Dattu ha quindi chiesto “il rispetto del sistema legale indiano perche’, ha aggiunto, “se concedessi questo ai due richiedenti, dovrei farlo anche per tutti gli imputati indiani”. E poi, ha concluso, “anche le vittime hanno i loro diritti”.
Come si può avere rispetto per un “sistema legale” come quello indiano che a distanza di anni dall’evento non è stato in grado di formulare un’accusa? Il tutto avviene nella totale indifferenza del Governo, che a parole dichiara il suo impegno mentre in concreto riesce solo a collezionare umiliazioni. E’ chiaro che la strategia buonista e dialogante non porta ad alcun risultato. Uno Stato serio chiuderebbe i rapporti diplomatici ed economici e pretenderebbe l’immediato rilascio dei due militari, trattenuti in palese violazione del diritto internazionale ed umanitario, come condizione per il loro riavvio. Ma il nostro non è uno Stato serio.