La polizia turca ha arrestato almeno 23 persone in raid governativi contro giornalisti dell’opposizione legati al chierico islamico Fethullah Gülen, un critico del presidente islamista Recep Tayyip Erdoğan: faida tra diverse correnti dell’Islam.
I raid sono venuti dopo che Erdogan ha annunciato una nuova operazione contro i sostenitori di Gülen, un ex alleato che Erdogan accusa di aver istituito una “organizzazione parallela” – una rete influente all’interno delle istituzioni statali come la polizia e la magistratura, nonché nei media – che mira a rovesciare il governo del partito Giustizia e Sviluppo (AKP) dello stesso Erdogan. Gülen nega l’accusa.
I detenuti, tra cui giornalisti, produttori, sceneggiatori, registi, agenti di polizia e due ex capi della polizia, sono accusati di fare parte di un’organizzazione illegale i cui membri sono “impegnati a calunniare”, secondo una dichiarazione pubblicata dall’ufficio del pubblico ministero di Istanbul.
Come sempre alla corte del Sultano, difficile distinguere tra bene e male. Non è questo il punto. Il punto è che la Turchia, anche questa volta, si dimostra un Paese non europeo.