TTIP: Un milione di firme in 2 mesi contro l’annessione americana

Vox
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Sono già state raccolte oltre un milione di firme raccolte in soli due mesi contro il TTIP (già TAFTA sulla scia del NAFTA già firmato fra Usa e Canada), il Transatlantic Trade and Investment Partnership (trattato di libero scambio con Canada e Stati Uniti) , il famigerato accordo tra le élites Ue-Usa che vuole essere un altro passo verso il governo mondiale.

La Ue non riconosce come legittimità l’iniziativa, per questo è stato presentato un ricorso alla Corte di giustizia europea per bloccare il negoziato o riavviarlo su nuove basi. E qui nasce il problema: non è la natura del trattato ad essere negativa, ma il trattato tout court: è questo che differenzia le organizzazioni progressiste da quelle identitarie.

Il TTIP aprirebbe le porte a farmaci privi di controllo e prodotti Ogm. Le rassicurazioni di Bruxelles sono lettera morta. Ma questo è solo un motivo pratico tra tanti. Quello che sovrasta tutto è l’ennesima perdita di sovranità a vantaggio di un’altra entità sovranazionale: il loro obiettivo è la distruzione delle democrazie e l’avvento, passo dopo passo, di un governo globale elitario. Il TTIP è una accelerazione di questo processo, portata avanti a causa del temuto – da loro – tracollo dello step precedente: la UE.

Anche dal punto di vista meramente pratico, ci sono una serie di negatività: la legislazione americana è scritta dalle multinazionali, è molto più elastica su Ogm e qualità della produzione che è invece la caratteristica delle piccole aziende, soprattutto italiane e francesi. Basti pensare alla genuinità dei cibi. In America sono permesse pratiche come il trattamento della carne con antibiotici.

Ma le legittime critiche su pericolosi punti specifici, come i polli al cloro o la carne agli ormoni, i rischi per l’agricoltura europea, per i diritti dei lavoratori, per le piccole e medie imprese che verrebbero fagocitate dalle multinazionali, i rischi per il welfare europeo derivante dalla probabile privatizzazione di salute e educazione sono solo la punta dell’iceberg.

Il TTIP creerebbe, di fatto, una entità sovranazionale che andrebbe a scavalcare la ormai superata UE: tra le clausole più contestate c’è la cosiddetta “Isds“, che consentirebbe ai colossi industriali a stelle e strisce di rivolgersi ad arbitrati internazionali per sottrarsi alle norme europee. Un tribunale TTIP andrebbe a sanzionare direttamente gli Stati democratici. In pratica un governo mondiale in nuce: anche la Ue nacque così. Volete altri magistrati, magari americani, a dirvi cosa è giusto o sbagliato?

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Secondo lo studio dell’economista Capaldo, queste le conseguenze del TTIP:

* Il TTIP sembra causare, nel giro di 10 anni, una perdita in termini di esportazioni nette . Le perdite maggiori le registrerebbero le economie nordeuropee (-2,1%del PIL), seguite da Francia e Germania, Regno Unito.
* Di conseguenza il TTIP causerebbe una perdita netta del PIL, anche in questo caso maggiore nei paesi del Nordeuropa (-0,5), in Francia (0,48%) e Germania (0,29%).
* Gli effetti più importanti si avrebbero sul lavoro. Il TTIP provocherebbe una perdita di reddito da lavoro (da -3500€ in Francia a -5500€ in Germania)
* Fatto ancor più grave, ilo TTIP provocherebbe una perdita netta di posti di lavoro, vale a dire un aumento della disoccupazione.

La UE nel suo insieme perderebbe circa 600.000 posti di lavoro. I più colpiti sarebbero Germania, Francia e Italia.

Si assisterebbe ad una ulteriore compressione dei redditi da lavoro più bassi e di una disoccupazione più alta in proporzione al totale dei redditi: aumenterebbero profitti e rendite, aumentando la forbice delle disuguaglianze che ha contribuito all’attuale depressione.

La riduzione del PIL e dei redditi personali da lavoro avrebbe poi conseguenze sul gettito fiscale (quanto incassa lo Stato dalle tasse), le imposte indirette come l’IVA si ridurrebbero mentre i disavanzi fiscali dei paesi aumenterebbero.

Il calo delle esportazioni, del gettito fiscale ma soprattutto dei redditi da lavoro che il TTIP deprimerebbe ulteriormente la domanda in un perverso circolo vizioso.

In sintesi: come un ‘mega-euro’.