Governi rimpatriano riserve auree, Renzi no

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I governi europei stanno aumentando le riserve auree nazionali attraverso il rimpatrio dei propri lingotti conservati all’estero. Soprattutto dagli Usa.

La Banca nazionale svizzera potrebbe essere costretta a più che raddoppiare le sue riserve in oro. La campagna “Salviamo l’oro svizzero” avrà il suo battesimo oggi: il referendum potrebbe obbligare la Svizzera a rimpatriare tutte le sue riserve d’oro da oltreoceano.

I Paesi Bassi hanno già ricostituito122 tonnellate delle proprie riserve auree che erano negli Stati Uniti.

Il Fronte Nazionale guidato da Marine Le Pen sta sollecitando il governo francese a rimpatriare il suo oro dall’estero. Le Pen ha scritto una lettera aperta a Christian Noyer, Governatore della Banca di Francia, chiedendo il rimpatrio delle riserve auree della Francia e chiedendo ad un organismo indipendente di “controllare la localizzazione attuale delle riserve”.

 

Invece, il piano della Germania di riportare 635 miliardi dollari  di lingotti d’oro è stato abbandonato dalle autorità tedesche. “Gli americani si stanno prendendo cura del nostro oro, non abbiamo ragioni di diffidenza”, ha detto Nobert Barthle, il portavoce del Parlamento tedesco. Questo significa perdere la guerra.

Gli euroscettici di AdF insistono che le riserve tedesche all’estero devono essere ispezionate annualmente, come la Bundesbank fa con le sue riserve a Francoforte.

La Germania ha 3.396 tonnellate di oro, valore di circa 300miliardi di euro, la seconda più grande riserva dopo gli Stati Uniti. L’Italia ha la terza maggiore riserva al mondo con 2.451 tonnellate.
La maggior parte delle riserve tedesche sono state conservate all’estero per sicurezza durante la guerra fredda, quando la Germania Ovest era sotto minaccia sovietica.
La banca detiene circa un 45% del proprio oro alla Federal Reserve di New York, e l’11% alla Banque de France.

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Il timore è che gli americani utilizzino i lingotti europei come sottostante dei certificati in oro: c’è molta più carta che oro fisico.

Ricordiamo che, secondo Draghi, le riserve auree di un paese sono di proprietà della Banca Centrale, quindi, delle banche che la controllano e non del popolo. Questa è la visione dei banksters ed è un assaggio di quello che potrebbe accadere in Italia a breve.
Sarà la Banca d’Italia a decidere del nostro oro, o sarà il popolo attraverso i propri eletti?
Quando Draghi ordinerà alla Banca d’Italia di “mettere a disposizione le riserve auree”, chi sarà a decidere?

La contraddizione di una riserva aurea nazionale di proprietà di una Banca Centrale che è una banca privata priva di controllo politico è oggi, e sarà ancora di più a breve, il terreno di scontro sul quale battersi.

Il parlamento dovrebbe immediatamente approvare una legge con la quale la Banca d’Italia passa sotto il controllo democratico degli eletti.

C’è una ricetta immediata da applicare per proteggere le nostre riserve auree dalla voracità degli eurofanatici: passare – con quello che sarebbe un semplice atto contabile – la riserva aurea stimata in circa 110 miliardi di euro sotto il ministero del tesoro in cambio di titoli del debito pubblico che la Banca d’Italia procederebbe ad annulla immediatamente. Otterremmo due risultati in uno: il nostro stock del debito si ridurrebbe di circa il 7% hic et nunc, diminuendo anche gli interessi che paghiamo per “onorarlo”, e l’oro passerebbe sotto il diretto controllo pubblico. Questa cosa delle riserve auree sotto il controllo diretto di banche centrali che sono banche private ha da finire.

Le nostre riserve sono custodite per circa la metà della loro consistenza fuori dall’Italia, quelle italiane sono nelle “sacristie” della Banca d’Italia in Roma.

Il resto, la parte più consistente, è custodita a New York presso la Federal Reserve. Gli altri lingotti si trovano a Berna, presso la Banca Nazionale Svizzera e a Londra presso la Banca d’Inghilterra.

‘Stranamente’, l’oro americano è tutto in America.