Ora, Barilla cuoce a novanta gradi

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Va al capitano poco coraggioso Guido Barilla, e alla sua azienda, il primo premio assegnato dall’Human Rights Compaign, una sigla che dietro la prosopopea delle parole nasconde, in realtà, una della più importanti organizzazioni omosessualiste, per la migliore azienda testimonial dei diritti gay del mondo.

La Barilla ha ottenuto “un punteggio perfetto”, 100 punti su 100 nel Corporate Equality Index, la classifica delle aziende più gay friendly. Lo scrive (clicca qui) Sandhya Somashekhar, che si occupa di questi temi demenziali per il Washington Post: la Barilla «è passata da paria a testimonial dei diritti gay… Una giravolta», commenta la reporter, «che mette in luce come le aziende, che in genere evitano le controversie, sono sempre più costrette a prendere posizione nella battaglia culturale sui diritti gay e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso – e come le forze pro-gay siano decisamente in vantaggio». Basta mettersi a novanta gradi, e il sistema ti premia.

Barilla è stato rieducato.

Scrive il blog LaNuovaBQ:

Barilla è il fulgido esempio di dove può arrivare la “rieducazione” dei nuovi padroni del vapore e di quanto convenga alle aziende lisciare sempre il pelo a chi ce l’ha più lungo. Oggi il potere ha il volto mascarato con i colori dell’arcobaleno e dei diritti a rovescio. Ricordate il caso del dottor Guido? Presidente del gruppo, dopo aver coraggiosamente proclamato che «mai faremo spot con famiglie omosessuali», di fronte alla sollevazione generale del Gay Village internazionale, si tagliò subito la lingua, pentendosi della gaffe planetaria e decidendo, per penitenza, di aderire a Parks, l’associazione no profit che aiuta le aziende a garantire pari opportunità ai dipendenti Lgbt. E per non farsi mancare nulla, istituì anche un Diversity and Inclusion Board (Comitato per la diversità e l’inclusione) sotto la guida di David Mixner, scrittore, esperto di strategie politiche, lobbista e attivista per i diritti civili, nominato da Newsweek il gay più potente d’America.

Il tipino una volta sbarcato a Parma dichiarò: «Sono lieto che Barilla abbia ricercato guida e consulenza all’esterno su questi temi fondamentali e sono onorato di essere stato coinvolto. Sono rimasto colpito dalla volontà del presidente e dell’azienda di ascoltare e imparare dai leader della comunità Lgbt e di lavorare per migliorare diversità, inclusione e uguaglianza». Disponibilità? Balle spaziali, in gioco c’erano solo affari e profitti, dato che l’accusa di omofobia rischiava di costare carissima al gruppo di Parma.  Negli Usa il boicottaggio di Barilla fu sposato perfino dall’università di Harvard, che bandì il marchio dalle sue buvette, mentre le associazioni gay promuovevano prodotti di altri aziende. Nel suo cammino di conversione, Barilla andò pure baciare la pantofola di Laura Boldrini: con la presidente della Camera, l’imprenditore ebbe uno scontro durissimo, sempre sulle incaute dichiarazioni, ma poi tutto finì a spaghetti e champagne (è il solo frizzantino che la compagna Laura si degna di bere).

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Davvero una pasta d’uomo questo Guido Barilla: dopo aver sparato a salve per qualche ora si è  arreso alla cagnara gay ed è uscito a mani alzate, tenendo botta giusto il tempo di permettere al suo ufficio marketing di calcolare i danni di quelle dichiarazioni. Strategia vincente, che ha dato ottimi risultati. L’azienda in un anno ha fatto una «marcia indietro radicale», racconta ancora il quotidiano americano «aumentando i benefit sanitari per i dipendenti transgender e le loro famiglie, donando soldi per le cause dei diritti gay e inserendo una coppia di lesbiche in un sito web promozionale» (clicca qui). Guadagnandosi così il primo posto nell’Index di Human Rights e i complimenti delle associazioni Lgbt, considerato che ha sbaragliato la concorrenza di 781 imprese che avevano concorso all’ambito riconoscimento. In un anno, l’azienda di Parma ha fatto miracoli, ma soprattutto è riuscita nella difficilissima impresa di far dimenticare le gaffe anti gay del suo presidente.

É sempre il Washington Post a ricordarlo: la Barilla «ha esteso i suoi benefit sanitari in modo daincludere il “transgender-related care”. Ha istituito un accurato “diversity training” a cui saranno sottoposti tutti gli 8.000 lavoratori. Ha allargato le sue politiche anti-discriminazione per tutelare le persone gay e transgender. Inoltre l’azienda ha anche donato denaro alla Tyler Clementi Foundation, un’organizzazione contro il bullismo fondata dai genitori di uno studente gay della Rutgers University che si è suicidato». Quando si dice l’eccellenza italiana all’estero. Mancano solo gli spot con le coppie gay e lesbo, ma l’azienda ha già incaricato le migliori agenzie di pubblicità di studiarne la campagna. Così la “rieducazione” alla matriciana sarà finalmente completa.

Ma Guido Barilla non è il solo “capitano coraggioso” dell’imprenditoria italiana che si è messo adisposizione delle potenti lobby arcobaleno. Tra gli ultimi arrivati c’è Banca Intesa Sanpaolo, il primo gruppo creditizio in Italia e uno dei principali in Europa, dove qualche mese fa è stato siglato un accordo sindacale in base al quale tutti i dipendenti gay che si uniranno in matrimonio («certificato, religioso o civile, riconosciuto in Italia o in uno stato estero, il tutto senza l’obbligo della registrazione all’anagrafe italiana») avranno diritto al congedo matrimoniale identico a quello dei loro colleghi etero: due settimane regolarmente retribuite per andare in viaggio di nozze. Ma ci sono anche Telecom, Vodafone Italia, Findus, Coop Adriatica e pure l’Università di Bologna, che tempo fa ha concesso un permesso analogo a un suo ricercatore. Le grandi hanno fatto scuola e le piccole hanno seguito l’esempio. Come la Servizi Italia (servizi ospedalieri) e la Call & Call (call center) più che convinte che essere gay-friendly, come dice l’Economist, offre maggiori possibilità di guadagno perché attrae tanti consumatori dal forte potere d’acquisto.  Pensiamoci bene quando decidiamo di farci du’ spaghi: in giro ci sono tante marche di pasta e mica è detto che essere gay friendly vuol dire qualità. Anzi.

Un personaggio del genere avrebbe fatto molto meglio a stare zitto. Ma spesso, la debolezza si accompagna alla non fulgida comprensione della realtà.

Guido Barilla fa parte di quell’ampia schiera di personaggi che popolano la vita pubblica italiana e mondiale. Uomini, non è la definizione adatta, molto meglio ‘ermafroditi culturali’, incapaci di mantenere la barra dritta al primo venticello. Vanno alla radio, dicono una cosa, e il giorno dopo si pentono: fintamente. Perché Guido Barilla continua a pensare quello che milioni di italiani pensano: ovvero che la Famiglia è uomo, donna e bambini. Solo che non lo dice più, ha paura.

Ma cosa resta di un uomo, se non ha più il coraggio delle proprie idee? Un’ombra sul muro freddo dell’esistenza.

Guido Barilla ha vissuto mezza giornata da ‘uomo’, poi è tornato a cuccia.




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