Poche cose come le partite di calcio possono mettere in evidenza la realtà sociale che vive una Paese. Alcuni anni fa, durante una partita Francia-Algeria giocata a Parigi, lo stadio fischiò la marsigliese: c’erano più algerini che francesi. Stasera, certamente in proporzioni meno evidenti, a Marassi è andato in scena qualcosa di simile: la nazionale italiana ha giocato quasi in trasferta. Visto che l’incasso andrà agli alluvionati di Genova, sarà la prima volta che gli albanesi contribuiscono a migliorare la vita degli italiani.
Detto che ci sono una serie di altri motivi: dal punto di vista dell’attrattività, un’amichevole contro una squadra dal richiamo pari a zero, schierando una formazione B, giocata in una città e regione dove le persone sono impegnate a spalare il fango, è demenziale. Chi volete che vada, allo stadio, se non quelli che sono andati?
Ma ci insegna comunque due cose: gli immigrati rimangono immigrati, soprattutto nel secolo della comunicazione, nel quale puoi vivere a Milano credendo di essere a Tirana, basta vivere in un quartiere adatto e avere una parabola. Ci insegna anche, soprattutto: che è in atto una invasione, e visto che lo sport è una simulazione inoffensiva della guerra, è facile comprendere cosa accadrebbe, se l’Italia dovesse trovarsi a dichiarare guerra all’Albania. Piuttosto che al Marocco o alla Tunisia. Avremmo, come abbiamo, il nemico in casa.
Un plauso a chi ha deciso la sede della partita anche per un altro motivo: raccogliere fondi per gli alluvionati, giocando in casa degli alluvionati è geniale.
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