Jihad, nuovi attentati; in aumento le reclute occidentali

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RecluteHa fatto almeno 13 morti e 34 feriti l’attacco a colpi di fucili e bombe sferrato da Boko Haram nel campus dell’Istituto federale d’istruzione superiore di Kano, nel Nord della Nigeria, lo scorso 17 settembre: a dichiararlo, è stato il commissario di Polizia, Adelere Shinaba. Si è trattato di kamikaze vestiti di nero, due dei quali uccisi dalle forze dell’ordine durante uno scontro a fuoco. Non è ancora certo tuttavia quanti fossero in tutto i membri del commando.

L’esplosione degli ordigni ha mandato in frantumi i vetri ed ha fatto crollare il soffitto sulle sedie, ricoperte di sangue. Non è la prima volta che l’università diviene bersaglio dei terroristi: accadde già in luglio, quando una ragazza si fece saltare in aria tra gli studenti, provocando 6 morti e 7 feriti. Ed ancora accadde il 30 aprile di due anni fa, nel teatro all’aperto ove si stava celebrando la S.Messa, sempre all’interno del perimetro accademico: all’epoca i morti furono 22.

Intanto, il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, sta cercando di convincere il Presidente, François Hollande ed i Paesi mediterranei alleati, come Egitto ed Emirati, circa la necessità di un intervento diretto, oltre che in Iraq, anche in Libia contro gli jihadisti, che vi si nascondono: «Non dico: ‘Si parte per la guerra’, dico che occorre prepararvici. Secondo fonti vicine al ministro, «la popolazione di Tunisia e Ciad ha già chiesto soccorso; e l’Algeria è alquanto inquieta».

Il dato di fatto resta però uno solo: che in 3 anni almeno 12 mila stranieri, originari di 81 Stati nel mondo, si sono uniti ai terroristi islamici in Siria. Oltre 1.500 sarebbero britannici, computo che, secondo Khalid Mahmood, deputato inglese del Birmingham, sarebbe addirittura sottostimato: in Tunisia le autorità parlano di 3 mila miliziani, ma, secondo indiscrezioni provenienti dall’intelligence, 5 mila individui avrebbero già compiuto il viaggio e quasi 9 mila sarebbero stati selezionati, prima di prendere il volo.

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Lo stesso dicasi in Francia: qui il Presidente Hollande a gennaio parlava di 700 partenze, numero già ritoccato all’insù dal ministro degli Interni in agosto, portandolo a quota 900. Queste non sono che la parte emergente dell’iceberg, si tratta delle persone già identificate con chiarezza dai servizi di sicurezza: «In realtà occorre quanto meno raddoppiare le cifre», ha dichiarato Fabrice Balanche, direttore del Gruppo Gremmo di Ricerche e Studi sul Mediterraneo ed il Medio Oriente. I 4/5 delle “reclute” musulmane giungono dai Paesi arabi – Tunisia, Arabia Saudita e Giordania in testa – e la maggior parte delle restanti provengono dall’Europa. I russi – tra i quali molti ceceni – sarebbero più di 800. Lo scorso primo settembre il ministro iracheno della Difesa ha pubblicato sulla sua pagina Facebook la foto di uno jihadista asiatico, presentandolo come cinese, il primo catturato nella zona. Secondo Pechino, sarebbero un centinaio i loro connazionali in armi al fianco dei terroristi. Altrettanti sarebbero i malesi ed il doppio gli indonesiani.

La maggior parte delle nuove leve occidentali sarebbero giovani, anche adolescenti, sedotti dalla campagna divulgativa promossa su Internet e sui social network dalle multinazionali del terrore islamico. Per fermarli non bastano le leggi anti-jihad in discussione in vari Paesi – ad esempio in Francia, dove verrà presto sottoposta al vaglio dell’Assemblea Nazionale -: «E’ improbabile che ciò accada – afferma Balanche – i candidati considerano le autorità religiose come infedeli e nessuna normativa potrà fermare un individuo determinato. L’unica soluzione consisterebbe nel chiudere le frontiere con la Turchia». Ma basterà, ormai?

(nella foto, da sinistra a destra: Denis Mamadou Gerhard Cuspert, ex-rapper tedesco, sospettato d’aver partecipato alla pubblicazione dei video con la decapitazione di James Foley e Steven Sotloff; Adel Abdel Bari, rapper britannico, sospettato d’aver giustiziato i due; Mehdi Nemmouche, jihadista francese, arrestato per la morte di quattro persone al Museo ebraico di Bruxelles ed incaricato della sorveglianza sugli ostaggi in Siria).

In collaborazione con: nocristianofobia.org