Algeria, in Cabilia, governo scheda i Cristiani

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AlgeriaLa Polizia algerina sta conducendo in modo estremamente discreto e silenzioso un’indagine sui Cristiani di Cabilia (i veri eredi degli africani bianchi non arabizzati), in particolar modo su quelli di Tizi Wezzu. Per ognuno di loro è stato predisposto un file, che verrà continuamente aggiornato. In esso sono riportati il nome, l’età, lo stato sociale, le disponibilità economiche, le opinioni politiche, il livello di scolarizzazione e la professione di ciascuno: è tutto contenuto in questo speciale dossier. Per redigerlo, i servizi segreti si sarebbero infiltrati in tutte le chiese e nei luoghi frequentati dai fedeli. A denunciarlo, è stato il quotidiano on line Tamurt.info. Una vera e propria schedatura, che ha provocato una comprensibile inquietudine ed è stata pubblicamente denunciata già lo scorso mese di maggio. Ma il motivo di tale sorta di censimento resta formalmente sconosciuto.

Per intuirlo, occorre partire da un dato statistico, indice di una clamorosa inversione di tendenza: il numero dei Cristiani ha ormai superato di gran lunga quello dei musulmani non solo a Tizy Wezzu, ov’è in corso quest’operazione di intelligence su larga scala, ma anche a Makuda, ad At Wagnun e ad Iwadiyen. Una svolta ritenuta preoccupante dalle autorità, ch’erano abituate a ben altro: i Cristiani, pur essendo presenti in Algeria sin dal primo secolo dopo Cristo, ufficialmente sino a due anni fa rappresentavano l’1% in tutto: solo 5 mila su una popolazione di 35 milioni di abitanti, per lo più stranieri provenienti da altri Stati africani. Nonostante questo, negli anni Novanta, quelli della guerra civile che provocò 200 mila morti, questo pugno di fedeli diede ben 19 martiri, pari al 10% di tutti i religiosi del Paese.

Spiegò alla stampa tempo fa mons. Ghaleb Moussa Abdalla Bader, primo prelato arabo a divenire Arcivescovo di Algeri: «Questa terra ha ospitato molti Padri della Chiesa, a partire da Sant’Agostino. Nel V secolo avevamo 500 Diocesi e più di mille Vescovi. Ma dal VII secolo l’hanno occupata gli arabi ed è cambiato tutto». Oggi, in Algeria, le Diocesi rimaste sono soltanto tre. Una legge del 2006, l’Ordinanza 06-03, prevede un permesso speciale per poter celebrare funzioni religiose non islamiche: ciò che spinge in molti casi a dir Messa la domenica nelle case private o in aperta campagna, presso luoghi isolati. Chi volesse convertire un musulmano ad un’altra confessione rischia tra i 2 ed i 5 anni di carcere. Nel 2011 l’Alto Commissario di Polizia di Bejaia aveva ordinato la chiusura di tutte le chiese cristiane, comprese quelle ancora in costruzione, minacciando «serie conseguenze e punizioni» per gli inadempienti.

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Ed ora, con questa nuova schedatura di massa, la tensione torna a farsi alta. Drammatica, in merito, la testimonianza di un cittadino di Cabilia riportata su Tamurt.info, nell’edizione dello scorso 17 agosto: «Ci hanno detto che lo Stato algerino non intende nominare nei propri posti-chiave dei cittadini di confessione cristiana. Quella che stiamo patendo è una forma di segregazione, un ricatto per la nostra comunità».

Ma il giornale locale va anche oltre: «Pare proprio che i servizi d’intelligence siano preoccupati più dalle opinioni politiche e dalle convinzioni religiose degli abitanti di Cabilia che dalla loro sicurezza», scrive. Ed in un’inchiesta evidenzia come in tutto il Paese il terrorismo sia stato ormai praticamente debellato grazie ai servizi di sicurezza. Tranne che a Cabilia, ancora scossa invece dall’integralismo islamico. Che, secondo il quotidiano, non sarebbe un fenomeno spontaneo e sporadico, bensì collegato tramite i propri capi all’esercito ed alla stessa intelligence. Una denuncia forte, decisa.

Nell’edizione dello scorso 21 agosto, Tamurt.info ha tratto in un nuovo articolo le conseguenze politiche della situazione, paragonata a quella dei curdi: «L’edificazione di uno Stato di Cabilia democratico e laico, immagine della cultura di questo popolo, rappresenta più di un imperativo, per evitare a questa regione di subire ciò che già provano sulla propria pelle i Cristiani in Iraq, in Siria e negli altri Paesi del Medio Oriente, nelle mani degli integralisti islamici». Col rischio che, anche in questo caso, il mondo tardi ad accorgersene.

In collaborazione con: nocristianofobia.org