“Unica speranza Italia è uscire dall’Euro”

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L’Italia è prigioniera della depressione economica da quasi sei anni.
L’ultima presunta ripresa è già svanita dopo un solo trimestre. L’economia è di nuovo in recessione tecnica.

Ora la sua economia è più povera del 9.1% dai massimi raggiunti il decennio precedente, tornata a livelli visti l’ultima volta 14 anni fa. La produzione industriale è scesa a livelli del 1980.

Ci vogliono errori di politica spettacolari per realizzare un tale scempio in una economia moderna. L’Italia non ha subito niente di simile durante la Grande Depressione, facendo segnare una crescita del 16% tra il 1929 e il 1939.

Così inizia un lungo articolo di Ambrose E. Pritchard sul Telegraph. Un fondo nel quale evidenzia l’impossibilità per l’Italia di tornare alla crescita all’interno dell’Euro.

La sua è un’analisi lucida della situazione. Nessun paese può riuscire nell’impresa – eroica – di sostenere un avanzo primario del 5% (e l’Italia lo sta facendo ormai da anni), per pagare gli interessi di un debito monstre che cresce il suo rapporto con il Pil a causa della tenaglia bassa crescita – deflazione.

Secondo Pritchard, la recessione sta erodendo le entrate fiscali così a fondo che Renzi dovrà fare tagli tra i 20 e i 25 miliardi per soddisfare i folli obiettivi di disavanzo dell’UE, perpetuando il circolo vizioso.

E’ una strada senza uscita.

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E si scaglia contro il faccendiere di Repubblica, Eugenio Scalfari, che pochi giorni fa ha chiesto una svolta autoritaria in Italia per ‘salvare la moneta unica’ e il progetto ‘UE’.

Aveva scritto, Scalfari: “Devo dire una verità amara, perché tutti noi possiamo vedere la realtà sotto i nostri occhi. L’Italia dovrebbe porsi sotto il controllo della troika della Commissione Ue, della BCE e del FMI“.

Per Pritchard, chi predica ‘riforme’ non ha compreso nulla della situazione. Non è più facile licenziare in Germania che in Italia, non abbiamo bisogno di più ‘flessibilità’, il problema è unicamente essere nell’euro, una moneta che rende i nostri prodotti non competitivi con oltre un 30% di ‘supervalutazione’ che è impossibile eliminare riducendo gli stipendi del 30%.

L’Italia ha avuto un surplus commerciale con la Germania nell’epoca Euro. Le industrie italiane del nord erano viste come concorrenti formidabili, quando la lira era la nostra moneta. Fu allora che i tedeschi ordinarono ai loro galoppini in Italia di entrare a tutti i costi nell’Euro.

E AEP cita uno studio di Antonio Guglielmi, Mediobanca, secondo il quale l’Italia ha avuto la sua prima frenata economica, quando la lira venne legata al marco nel 1996. Solo da allora, la nostra economia si è persa in una “spirale negativa della produttività”.

La crescita della produttività e della competitività in Italia è stata negativa ogni volta che abbiamo ancorata la nostra valuta a quella della Germania negli ultimi 40 anni. Tornando a crescere una volta che questo ‘legame’ veniva reciso.

L’euro è solo un legame più forte da recidere. Più forte il danno, più forte la ripresa.




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