Svezia: arriva il dizionario “gay-friendly”

Vox
Condividi!

kiviLa guerra al diritto naturale, i nemici dei valori non negoziabili, non potendola condurre alla luce del sole, la combattono con armi non convenzionali, in particolare con i colpi bassi. Come introdurre nei canali ufficiali della cultura parole totalmente arbitrarie, inventate ma pregne dell’ideologia gender.

Il genere che non esiste avrà così posto nel Dizionario dell’Accademia svedese: nell’edizione dell’aprile 2015 figurerà per la prima volta un pronome neutro, «hen». A darne notizia è stato il periodico Nouvelles de France.

Un primo tentativo fu già compiuto due anni fa con un libro per bambini, “Kivi ed il cane mostruoso” di Jesper Lundqvist (nella foto). Qui «hen» sostituì «on» (ella) e «han» (egli). Non solo. Altri termini neutri rimpiazzarono quelli tradizionali: «mappor» (“mapà”) e «pammor» (“pamma”) al posto di «mamma» e «papà» (mammor e pappor, in svedese). Si scatenò il finimondo, un vespaio di polemiche da parte di genitori, insegnanti, educatori accolse l’improvvida novità.

Che non rappresentò tuttavia un caso isolato, né tanto meno una scheggia impazzita, bensì si rivelò parte di una precisa strategia. Contemporaneamente, infatti, il catalogo di una delle più grandi catene di giochi svedese rappresentò dei bambini con le bambole e delle bambine con delle mitragliatrici-giocattolo.

Vox

L’intento, in entrambi i casi, fu quello di confondere le carte, di stravolgere cioè le caratteristiche sessuali proprie della società svedese come di qualsiasi altra società al mondo. Ma una pioggia di critiche suggerì di soprassedere. Riprovandoci due anni dopo col dizionario, cui è stata riservata però sin d’ora, prima ancora cioè della sua uscita, la stessa accoglienza.

Il pronome «hen» non è stato assolutamente gradito, né digerito «dalle persone anziane e dalla gente di campagna», ha tagliato corto Lena Lind Palicki, ideatrice della sgradevole “novità” lessicale, nel corso di un’intervista rilasciata a Sveriges Radio. Non è così, tanto da spingerla a confidare: «Molti fruitori non utilizzano questo termine, anche se figura nel dizionario. Non credo che nella Storia vi sia mai stata un’altra parola tanto controversa». Secondo il caporedattore, Sven-Göran Malmgren, la scelta di introdurlo sarebbe giunta dopo anni di riflessioni: «Volevamo esser certi che non si trattasse soltanto di un fenomeno di moda», ma che fosse entrato nell’uso comune e con un significato ben definito. Così non è: è rimasto una moda, benché imposta da una campagna massmediatica senza precedenti. Quanto al significato, esso è ancora assolutamente indeterminato, equivoco, ambiguo, incerto, assolutamente non condiviso. Né potrebbe essere altrimenti, non corrispondendovi alcuna realtà oggettiva. Eppure si è proceduto comunque alla sua inclusione nel dizionario. A costo di compiere vere e proprie acrobazie per immaginare ipotetiche definizioni del pronome «hen». Ne sono state individuate due: lo si riferirà ai casi di genere indeterminato o sconosciuto, transgender compresi; inoltre, indicherà un inesistente (almeno in natura) «terzo genere».

E’ evidente il tentativo d’imporre tale parola con la forza, senza che ne sussista alcuna esigenza. Che non sia quella dettata da un’ideologia ferocemente contraria al diritto naturale ed alla Chiesa Cattolica, che lo afferma.

In collaborazione con: nocristianofobia.org