Critica Kyenge: giudici lo condannano a risarcire Arci, Anpi e altri fanatici

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C’è la conferma, magistrati e associazioni che si arricchiscono con il business dei ‘diritti’ sono la stessa cosa.  Sono due teste dello stesso ventre mostruoso.

Torniamo a parlare Paolo Serafini, 52 anni, vittima sacrificale della furia africana della Kyenge e dei suoi accoliti.

Quell’invito a tornare in Africa – invito che facciamo nostro – è stato considerato dal solito magistrato compiacente ‘diffamazione aggravata dall’odio razziale’, che gli è valsa una multa di 2500 euro di  oltre al pagamento delle spese processuali e – questa la parte più demenziale di questa sentenza – al risarcimento del danno morale a favore delle associazioni che si sono costituite parti civili. Siamo alla pura demenza, alla più totale cretività legale. Anzi: illegale.

Ora sono state depositate le motivazioni della fantasiosa sentenza, con la quale il giudice collegiale fa una bella marchetta alle varie ‘associazioni’.

Di quali associazioni stiamo parlando? I soliti noti. Quelle associazioni complici della presenza a Milano di Kabobo, come Arci,  l’Anpi del Trentino con i famosi partigiani che durante la guerra non erano ancora nati, e una fantomatica Associazione Nazionale Giuristi Democratici. Nonché l’Associazione stati giuridici per l’immigrazione, l’Associazione trentina Accoglienza stranieri. Una cosa unisce questi parassiti dell’immigrazione: il desiderio di distruggere l’Italia. E il guadagnare da tutto quello che danneggia gli italiani.

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Al di là di questo,  un giudice meno compromesso ideologicamente non potrà che rivedere la sentenza, almeno nella parte della marchetta alle associazioni. Visto che la ratio di un risarcimento prevede un danno diretto: la donna stuprata, i figli dell’ammazzato, il comune dove si è commesso un delitto.  Non certo un’accozzaglia di fanatici il cui unico scopo nella vita è ricevere ricompense in cambio di un’esistenza spesa a novanta gradi.

Insomma, nessun ideale. Quello a cui puntano Kyenge e company sono i soldi. L’hanno dimostrato una volta ancora.

Nel determinare l’entità del danno i giudici dicono di tenere conto del “criterio della gravità della condotta” e della “lesione di un bene di primaria rilevanza costituzionale”:  2000 euro per ognuna della parti costituite, più spese legali.

La libertà d’espressione non è un bene di rilevanza costituzionale.

Torna a casa Kyenge. E manda la ricevuta alla nostra redazione.




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