Il segretario della Lega Nord emiliano-romagnola finirà sotto un processo politico per avere espresso un giudizio estetico sulla congolese Kyenge.
L’accusa è di ‘diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale’. Un’accusa che solo magistrati dalla conoscenza culturale pari a quella della Kyenge potevano concepire.
Fabio Rainieri è infatti stato rinviato a giudizio dopo l’indagine della Polizia Postale, che aveva ‘notato’ – casualmente, tra migliaia di insulti a politici presenti sul web – nell’ottobre 2013 alcuni post sul profilo Facebook del leghista.
Nel mirino degli psicopoliziotti (psicopolizia di orwelliana memoria per i più ignoranti) un noto fotomontaggio che sovrappone l’immagine di un orango a quello della Kyenge, fotomontaggio che ha avuto più successo di quello di Kyenge con Papa Woytila.
I magistrati italiani sono, come sempre, a difesa del più sciocco pseudo-pensiero politicamente corretto.
Intanto, il Carroccio difende il proprio segretario nazionale esprimendo piena solidarietà a Fabio Rainieri: “Questo caso, come tanti, troppi altri, testimonia una volta di più che lo Stato italiano ha preso una brutta china. Solo i regimi autoritari infatti reprimono le idee e prevedono i reati di pensiero. Nei sistemi democratici la libertà di espressione è protetta come un bene assoluto e imprescindibile – si legge in una nota – Gli atteggiamenti di Rainieri potranno forse essere stati inopportuni, e magari anche volgari. Ma di sicuro non avevano contenuti di aggressività e violenza. Sarebbe bene che certi magistrati anziché trasformare uno stormir di foglie in un uragano, si occupassero di questioni più serie e gravi, delle quali purtroppo in Italia non c’è carenza”.
Ma non lo fanno. Né si occupano dell’invasione in atto con conseguente business. Perché i magistrati sono parte del business.
Comunque, secondo noi, nel fotomontaggio la Kyenge ci ‘guadagna’.
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