Brescia: storie di italiani che vivono alla stazione, i clandestini in hotel

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«Ci rivolgiamo a lei, signor sindaco e autorità, non per contestarla ma perchè vorremmo eleggerla nostro portavoce. Abbiamo bisogno di uomini che fanno politica, non di politici. La dignità negli esseri umani è tutto, persa quella rimane ben poca cosa. Aiutateci ad essere di nuovo cittadini nella nostra terra». Si conclude così una missiva, inviata il 5 giugno a Emilio Del Bono, di un gruppo di senzatetto che dormivano in stazione che ieri mattina hanno occupato una ex casa di riposo di proprietà comunale.

Dormivano alla stazione, sono quasi tutti italiani, qualcuno con il cane: tutti senza casa e senza lavoro. La cosa preoccupante è che qualcuno di loro ha anche lavoro, ma non bastano i 3 o 5 euro all’ora che ricevono.

C’è Antonio, 42 anni, da un anno e mezzo a Brescia dopo aver lavorato 6 anni come corriere e un paio come vigilante. «La ditta ha chiuso, dal 2011 sono senza lavoro, o, meglio faccio lavoretti precari e sottopagati, come mia moglie. Abbiamo perso la casa, abbiamo passato l’inverno dormendo sui treni e mangiando alle varie mense. Il 5 giugno abbiamo inviato una lettera al sindaco che non ci ha mai risposto quindi abbiamo deciso di occupare questo posto che apriamo a chi ne ha bisogno: possono venire tutti, basta comportarsi bene – racconta quest’uomo, con un grande crocefisso al collo: «me lo ha regalato, dopo averlo benedetto, un prete di Bologna anni fa: da allora non l’ho mai tolto».

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Emanuela, 54 anni, mantovana, da 3 anni a Brescia dove è arrivata seguendo la ditta per la quale lavorava come ausiliaria in ospedale. Perso l’appalto la ditta, perso il lavoro lei, dopo aver perso anche marito e figlio: «Oggi ho solo Ugo, il mio cane. Da due anni dormivo in stazione, un altro inverno là non lo faccio, sono anche invalida all’80 per cento. Chiedo solo uno straccio di lavoro, perché così non posso continuare, non ho nemmeno più la residenza, né i documenti, per il mondo non esisto. La cosa più dura è la cattiveria di certa gente, l’umiliazione di chi ti guarda schifato solo perché dormi su una panchina».

Saverio, 45 anni, da 3 anni e mezzo in difficoltà economiche.

C’è anche Dong, cinese di 46 anni, da 13 anni in Italia dove ha lavorato come domestica.

Di Dong, si faccia carico l’ambasciata cinese, tra un viaggio e l’altro a Prato. Agli italiani, pensi questo schifo di istituzione che si fa chiamare Stato italiano, e che pensa solo ai clandestini africani, ai quali dà vitto, alloggio e 45€ di paghetta al giorno.