Cerchi droga? Chiama Uber e i suoi autisti senza patente – VIDEO

Vox
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Si clicca su Uber e arriva un Uber pop. Si prenota una Mercedes e arriva tutt’altro, ma al prezzo della berlina.

Alla guida un autista fai da te, senza abilitazione professionale, cui è stata ritirata la patente due volte, e che alla fine offre pure droga ai passeggeri. Benvenuti nel lato oscuro di Uber o Uber pop, due applicazioni che all’occorrenza si confondono.

Il video che abbiamo visto, e che oggi trovate sul sito de Il Giornale (GUARDA) è stato girato lunedì notte a Milano. I tre clienti prenotano un’auto con l’app Uber black, quella che dovrebbe fornire Mercedes o berline provenienti dai noleggi con conducenti, ma arriva Uber pop, ovvero la versione economica del servizio, solo che i tre clienti lo scoprono una volta partiti. Al momento, infatti, di svoltare (direzione piazza Duomo) per la corsia preferenziale, l’autista dice di non poterlo fare. «Ma tu non puoi fare le preferenziali? No no assolutamente non posso» risponde F. «Ma scusa io chiamo le Mercedes, gli Ncc potevano tranquillamente fare le preferenziali…- dice il cliente – Ma io pensavo che fosse Uber…ma tu sei Uber pop? Perché io volevo chiamare Uber pop, ma non c’era l’app». «No, non l’hanno ancora attivata, per quello sto girando io come berlina» risponde F., «Però non è berlina è una macchina normale – continuano gli utenti – ma scusa noi paghiamo come Uber?» «Sì». «Ecco ce lo siamo presi nel…volevamo un Mercedes….» e arriva un’auto grande, bella ma pop, pagata però a prezzo della berlina.

E i passeggeri increduli chiedono: «Ma come non hai il cap?» ovvero l’abilitazione professionale che viene richiesta ad autisti di taxi e di autonoleggi con conducente.

L’autista risponde: «No». La società Uber garantisce di effettuare controlli sui propri autisti «pop». «Vengono controllate patente, casellario giudiziario, stato del veicolo e assicurazione» spiegava la generale manager di Uber Italia Benedetta Lucini su queste pagine. Ma alla domanda «ma allora anche io lo posso fare? Ti dico la verità – dice un passeggero – anche io avevo pensato ma ho paura che mi chiedano…Siccome ho un precedente di un po’ di anni fa, ho paura che mi chiedano…cioè una cazzata, roba di fumo, non so…ti stanno a guardare bene? Se vado a fare domanda per guidare…» insiste. «Per il fumo?! – replica l’autista ironico – ma và, a me mi hanno ritirato due volte la patente, una volta per la bamba (cocaina) e una per l’alcol».

F., autista fai da te, coglie la palla al balzo: «oh raga, se avete bisogno anche di bamba, cose… ganja (marijuana) ganja buona buona…» «Ah, a quanto la fai?» chiedono i clienti. «Il solito cinquanta (euro) la busta».

Non solo autista fai da te, con patente sospesa, ma anche spacciatore. Il video è nelle mani della Digos.

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Questo interessante articolo de Il Giornale – DEL QUALE ABBIAMO RIPRESO ALCUNI STRALCI – mette in evidenza che cosa significa ‘liberalizzare’.
Si parla sempre contro le cosiddette ‘corporazioni’, che sono però garanzia di qualità – è vero, anche di prezzi più alti – perché se è possibile che anche un tassista spacci droga, è molto più difficile. Perché ha tutto da perdere. Invece, il succedaneo ‘uber’ non ha nulla da perdere, perché non è nulla: oggi è autista, domani magari farà un altro lavoro. E’ la società liquida e liquefatta.

Ce l’hanno in molto con i tassisti, perché in Italia, a differenza di molti altri paesi, sono piccoli imprenditori di se stessi. Si vorrebbe importare il modello americano dei tassisti morti di fame dai paesi del terzo mondo, dipendenti di mega-società – tipo Uber.

La realtà è che liberalizzare significa concentrare la ricchezza verso l’alto – sparisce il tassista, il farmacista, il salumiere – che diventano dipendenti di grandi aziende, spesso multinazionali.

Se volete una società con pochi ricchi e una massa sterminata di precari, allora Uber et similia sono perfetti. Il fatto che spaccino anche droga è solo un altro problema, non quello principale.

Uber è una multinazionale. Così, il 90% di quello che l’utente paga, finisce all’estero e nelle mani di chissà chi. Il tassista invece spende in loco. Per questo la società liberalizzata finisce per vivere un impoverimento costante.

UBER è oltre le grandi ditte di taxi con tassisti dipendenti pagati quattro soldi. Chiunque può fare l’autista, e l’idea sembrerebbe ‘bella’, ma ‘chiunque’ non ha nulla da rischiare. Chiunque non ha una professionalità. Una società dove tutti fanno tutto, in realtà impedisce che qualcuno faccia bene quello che fa.

L’Italia, con le sue professioni e i suoi mestieri, è sempre sta l’opposto della società liquida nella quale la globalizzazione vuole trasformarci.