Grillo, il giorno dello sciacallo Pizzarotti

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I partiti politici italiani sono sempre stati pieni di sciacalli, quel tipo di animale che aspetta un momento di difficoltà – o di presunta difficoltà – per attaccare la bestia ferita.

Gli alfano, i fini, i renzi hanno tutti roteato intorno ai loro leaders nel momento della difficoltà. Oggi tocca a Pizzarotti.  Il gatto che si credeva leone.

Il sindaco di Parma chiede un passo indietro al suo leader, anzi, a colui che lo ha tratto dal nulla e ne ha fatto – sbagliando – un sindaco. Lo fa in una intervista al Fatto quotidiano: “L’intento di Grillo era sempre stato quello di accompagnarci fino a un certo punto e poi lasciare la gestione diretta in mano agli attivisti“. Avviso: quando gli sciacalli usano il plurale, si riferiscono alla prima persona singolare. La propria. Quindi, gli ‘attivisti’, è ‘Pizzarotti’.

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In realtà, se c’è un motivo per la non vittoria del MoVimento, non è Grillo, ma le stupidaggini fatte dai sedicenti attivisti alla Pizzarotti. La più ovvia, avere votato – contro il parere del suo leader -l’abrogazione del reato di clandestinità, perdendo i voti di chi vedeva nel M5S un voto contro il potere, e non l’ennesima costola del PCI.

Pizzarotti e quelli come lui, sono talmente ebbri dagli effluvi del potere recente, da non rendersi conto che i voti li prende Grillo, senza Grillo, loro non esistono. Come Al Fano non esiste senza Berlusconi.

Ma oltre al fatto di amare l’odore del sangue, gli sciacalli in politica hanno un’altra caratteristica che li accomuna: ballano per breve tempo, talvolta per una sola notte. Pizzarotti ha già ballato abbastanza.