Italia, un Paese avvelenato: 100mila ettari contaminati

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Nel dossier “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?”, Legambiente fa il punto della situazione. Drammatica.
Da Porto Marghera a Gela, passando per Priolo, Manfredonia, Terni fino a Porto Torres. In Italia sono 100mila gli ettari di territorio contaminato da rifiuti industriali di ogni tipo; 57 siti di interesse nazionale (Sin) da bonificare individuati negli ultimi 15 anni, poi ridotti a 39 con il decreto ministeriale dell’11 gennaio 2013. Secondo il Programma nazionale di bonifica curato dal ministero dell’Ambiente, il totale delle aree perimetrate come siti di interesse nazionale (Sin) è arrivato negli anni a circa 180mila ettari di superficie; oggi con la riduzione del numero dei Sin, la superficie è scesa a 100mila ettari circa.

Nel dossier “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?”, Legambiente fa il punto della situazione. Secondo i dati messi a disposizione dalla Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del ministero dell’Ambiente, aggiornati a marzo 2013, solo in 11 Sin su 39 è stato presentato il 100% dei piani di caratterizzazione previsti (tra questi Manfredonia, Acna di Cengio, il sito produttivo di Pieve Vergonte, Sesto San Giovanni, la Stoppani di Cogoleto e la Fibronit di Bari); le situazioni più gravi riguardano Bagnoli dove si è solo al 29% del totale delle aree a terra perimetrate, Priolo (40%), Taranto (43%), Napoli Est (49%) e Crotone (42%).

Anche sui progetti di bonifica presentati e approvati emerge un forte ritardo: solo in 3 Sin su 39 (gli stabilimenti di Cengio e Pieve Vergonte, il sito di Fidenza) è stato approvato il 100% dei progetti di bonifica previsti.

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Per quanto riguarda le situazioni locali, a Terni i progetti presentati che hanno ottenuto l’ok del ministero riguardano l’1% della superficie terrestre del Sin, a Mantova il 2%, a Livorno il 4%, a Brindisi e Piombino l’8%, a Trieste l’11%, alla Caffaro di Brescia il 13%, a Taranto il 14%, a Milazzo il 18% e a Bagnoli il 24%. Sono solo 254 i progetti di bonifica di suoli o falde con decreto di approvazione (tali da permettere l’avvio dei cantieri): 46 riguardano il sito di Porto Marghera, 20 quello di Priolo, 17 Massa e Carrara, 14 Sesto San Giovanni, 13 Pitelli e Napoli Est, 11 Livorno e 10 Gela.

Non va meglio, denuncia Legambiente, sul fronte del risanamento dei siti inquinati di interesse regionale e locale, gestito in questo caso dagli enti locali. In base ai dati di Ispra, che ha elaborato le informazioni delle Arpa, in Italia sono 6.027 i siti potenzialmente inquinati accertati, di cui 4.837 definiti come siti contaminati in seguito al superamento dei limiti di legge previsti dalla normativa di settore. I siti bonificati risultano essere 3.088, ma su questo dato nazionale influisce molto il numero dei siti risanati in Lombardia (1300).

Da questo censimento di Ispra emerge che in Sicilia non risultano siti bonificati (sul totale delle 347 aree inquinate), in Basilicata sono 3 (su 316 siti inquinati), in Puglia 4 (su 198), in Sardegna 5 (su 171), in Calabria 7 (su 52), in Umbria 12 (su 64) e nel Lazio 18 (su 71). Si tratta di numeri che si commentano da soli. Anche il dato relativo al produttivo nord-est è abbastanza emblematico dei ritardi nel settore: in Veneto sono stati bonificati solo 55 siti, mentre in Friuli Venezia Giulia 94.

Serve un grande, enorme progetto nazionale di recupero delle aree inquinate. Il territorio è identità.