Allarme ‘rassismo’: cartelli anti-burqa sono ‘razzisti’?

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VARALLO – I cartelli che a Varallo vietano l’ingresso in città ai mendicanti e di indossare burqa e niqab arrivano in tribunale. Ieri, il palazzo di giustizia di Torino ha ospitato la prima udienza del procedimento civile che fa seguito al ricorso presentato da quattro membri del comitato nato per la rimozione dei pannelli. Il giudice Francesco Rizzi dovrà stabilire se i cartelli e le ordinanze a loro correlate siano discriminatori o meno.

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L’udienza di ieri era di carattere tecnico. Il dibattimento avverrà all’ombra della Mole proprio perché riguarda norme specifiche – e bizzarre – sulla cosiddetta discriminazione e perché a dare il via all’iter è stata la solita Associazione Studi giuridici sull’immigrazione – quella che con i suoi ricorsi permise a Kabobo di rimanere in Italia – con sede nel capoluogo, che ha da subito assistito i firmatari del ricorso Fabio Musati, Maria Rosa Pantè, Edoardo Ghelma e Marianna Corte. I quattro sono supportati dall’Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali – il fantomatico Unar, che con i nostri soldi pagherà gli avvocati Alberto Guarisoe Alessandro Maiorca.

A sostenere le ragioni del Comune di Varallo sarà l’avvocato Domenico Ginex: con lui in aula ci saranno il sindaco Eraldo Botta e Gianluca Buonanno, che ha annunciato di volersi presentare in tribunale a volto coperto, magari proprio con un burqa. Fu proprio il parlamentare della Lega Nord, quando era primo cittadino di Varallo, ad emanare nel 2009 due ordinanze che vietavano «su tutte le aree pubbliche l’uso di burqa, burqini e niqab» e «l’attività a vu’ cumprà e mendicanti». Poi comparvero i cartelli piazzati a ogni entrata della città.