La Procura di Bergamo, quella che manda gli stupratori ai domiciliari e non se ne cura, ha invece trovato il tempo per una inchiesta di ‘pubblica’ utilità: il giudizio immediato per Roberto Calderoli, accusandolo di diffamazione aggravata dall’odio e dalla discriminazione razziale nei confronti della congolese Kyenge.
Il tutto per un reato gravissimo, quello ‘terribile’ nella società multietnica e ossessionata dal politicamente corretto, di ‘notare le somiglianze’. Il 13 luglio, alla festa della Lega di Treviglio, il senatore aveva detto dal palco che «quando viene fuori la Kyenge resto secco. Io sono amante degli animali, però quando vedo uscire delle sembianze da orango, io resto ancora sconvolto».
Dopo aver acquisito l’audio di quel comizio, registrato da un giornalista – lavoro degno della Stasi – i due sostituti procuratori – perché ci si sono messi in due – Gianluigi Dettori e Maria Cristina Rota avevano iscritto Calderoli nel registro degli indagati. Ieri è stata firmata la richiesta di giudizio immediato, giustificata dall’evidenza della prova.
Per chi non lo ricordasse, ma noi lo ricordiamo, il procuratore Dettori è quello che definì lo stupro della giovane bergamasca da parte di un kosovaro: “non poi tanto grave“. Mandandolo così ai domiciliari. Per la cronaca, la ragazza perse anche il bimbo.
Riguardo Calderoli, dal momento in cui riceverà l’atto della procura il giudice delle indagini preliminari avrà tempo cinque giorni per disporre il giudizio immediato oppure per rispedire il fascicolo all’accusa, suggerendo di procedere con l’ordinaria richiesta di rinvio a giudizio. Essere perseguiti da un magistrato simile, deve riempire d’orgoglio.
Eppur si muove.
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