Siria: cristiani chiedono cittadinanza russa e il Cremlino potrebbe concederla

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Putin Mentre noi accogliamo migliaia di siriani islamici, che con la scusa della guerra da loro provocata ‘corrono ad invadere l’Europa’, accade questo. Appena qualche giorno fa è stata divulgata la notizia che 50mila cristiani siriani hanno chiesto, con una lettera al Ministero degli Esteri di Mosca, la cittadinanza russa. Nel documento “si sottolinea che i terroristi, sostenuti dall’Occidente, sono disposti a tutto pur di cacciare i cristiani dalla Siria. I cristiani vedono nella Russia una garanzia di pace e di stabilità”.

Nonostante la delicatezza e la difficoltà della questione, ieri il Cremlino ha dato una repentina risposta. Il tutto attraverso fonti ufficiali “che in Russia non temono smentite”. Il governo di Putin è dunque “pronto a prendere in considerazione la possibile concessione della cittadinanza russa” mentre i portavoce del Presidente “hanno confermato che la richiesta è al vaglio delle più alte autorità russe”.

Questa presa di posizione potrebbe avere non poche ripercussioni nel quadro geopolitico, e già solo il fatto che sia stata presa in seria considerazione conferma l’attenzione russa verso i cristiani del medioriente.

A fronte di una pallida reazione degli USA e delle Nazioni Unite alla questione siriana, la Russia risponde. Come riporta Gianni Valente di Vatican Insider: “Putin rivendica nel suo disegno geo-politico anche il ruolo di protettore dei cristiani d’Oriente”.

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Medio Oriente, la Russia offre ai cristiani il suo “protettorato”

La difesa dei cristiani mediorientali è diventato un asset strategico della politica di Putin. In perfetta sinergia con il Patriarcato di Mosca

La fonti sono quelle ufficiali, che in Russia non temono smentite: il Cremlino è pronto a prendere in considerazione la possibile concessione della cittadinanza russa da parte di circa 50mila cristiani siriani della regione del Qualamun che la scorsa settimana avevano fatto pervenire la loro richiesta colllettiva al Ministero degli Esteri di Mosca. I portavoce del Presidente Putin e del Ministero, nelle loro dichiarazioni degli ultimi giorni, hanno confermato che la richiesta è al vaglio delle più alte autorità russe. «È la prima volta dalla nascita di Cristo» hanno scritto gli estensori della lettera arrivata a Mosca «che noi cristiani di Saidnaya e Maara Saidnaya, Maalula e Maarun ci troviamo sotto minaccia di essere espulsi dalla nostra terra».

Come captatio benevolentiae, la lettera non ha risparmiato elogi alla Russia di Putin, lusingata come «un potente fattore della pace globale e della stabilità» a fronte di espressioni poco benevole riservate ai Paesi occcidentali («Il proposito dei terroristi sostenuti dall’Occidente è quello di eliminare la nostra presenza in quella che è la nostra terra nativa con i metodi più ripugnanti, compresi gli omicidi di persone comuni»).

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L’attenzione al caso mostrata dagli alti livelli dell’apparato russo lascia intendere che agli occhi del Cremlino la vicenda riveste una valenza anche – e forse principalmente – geopolitica. La lettera dei 50mila era stata subito definita dai portavoce del Patriarcato di Mosca come una prova della «grande autorevolezza» di cui gode in questo momento la Russia in Medio Oriente, «specialmente tra le minoranze cristiane che vivono in quell’area». I cristiani d’Oriente – ha detto l’arciprete Nikolaj Balashov, numero due del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato – «sanno da secoli che nessun altro Paese si prenderebbe cura dei loro interessi meglio della Russia». Proprio per riaffermare i legami tra la Russia e le Chiese presenti in Siria, il 14 ottobre l’Accademia Spirituale di Mosca ha voluto installare un complesso scultoreo con al centro una statua di Gesù sulle alture adiacenti al santuario mariano di Saidnaya – mèta dei pellegrinaggi dei cristiani arabi da tutto il Medio Oriente – come grande ex voto per la pace, mentre il Paese è dilaniato dalla guerra. Un gesto simbolico che si allinea con l’attivismo recente esercitato dal Patriarcato di Mosca per mostrare a tutti la propria sollecitudine per i cristiani mediorientali alle prese con le violenze islamiste.

Per testimoniare in maniera politicamente eloquente la sua preoccupazione per le sorti dei battezzati della Siria e del Medio Oriente, alla vigilia del 12° anniversario degli attentati dell’11 settembre il Patriarca Kirill ha inviato a Barack Obama una lettera in cui chiedeva al Presidente Usa di dare ascolto alle voci dei capi religiosi che «in maniera unanime» si opponevano in quei giorni alle ipotesi di un intervento militare occidentale contro Assad. In quel messaggio, il Patriarca evocava «la minaccia di sterminio o di esilio di massa» che pesa sui cristiani in Medio Oriente, e in sintonia con le mosse della diplomazia russa invitava a sfruttare «le opportunità che si sono aperte per una soluzione diplomatica del conflitto», con esplicito riferimento alla trattativa sullo smantellamento delle armi chimiche siriane.

L’interesse accordato alle vicissitudini delle Chiese mediorientali rappresenta un orientamento costante dell’Ortodossia russa. E il suo revival attuale, con i martellanti richiami dei leader ortodossi russi alla necessità di proteggere i cristiani dei Paesi arabi, si muove in perfetta sinergia con l’agenda mediorientale della Russia di Putin. Passati più di vent’anni dal crollo dell’Urss, archiviati i decenni atei del comunismo sovietico, Putin rivendica nel suo disegno geo-politico anche il ruolo – di foggia neo-zarista – di protettore dei cristiani d’Oriente.

A livello ecclesiale, il Patriarcato di Mosca rinsalda i rapporti con le malmesse Chiese ortodosse del Medio Oriente anche dando fondo alle sue sovrabbondanti risorse materiali: l’agosto passato, è stata molto pubblicizzata la donazione di un milione e 300mila dollari arrivati dalla Chiesa ortodossa russa al Patriarcato di Antiochia per soccorrere il popolo travolto dal conflitto. A luglio, i Primati e i rappresentanti delle Chiese del Medio Oriente presenti a Mosca per il 1025esimo anniversario del battesimo della Rus’ sono stati ricevuti dallo stesso Putin. Mentre il patriarca Kirill è stato l’ultimo grande leader cristiano straniero a essere ricevuto da Bashar al Assad a Damasco nel novembre 2011, quando le vittime del conflitto non avevano ancora superato la soglia dei 5mila morti.

La progressiva affermazione del patrocinio russo sui cristiani del Medio Oriente si accompagna all’eclissi del tradizionale protettorato esercitato in epoche passate dalla Francia, soprattutto riguardo alle comunità cattoliche mediorientali. Diversi episodi lasciano intuire un graduale aumento della diffidenza nutrita dalle gerarchie delle Chiese d’Oriente nei confronti della recente politica estera francese, schierata a sostenere le insurrezioni arabe e accreditarne le sigle e le milizie non islamiste. Lo scollamento si era evidenziato già nel settembre 2011, quando il Patriarca maronita Bechara Boutros al-Rahi in visita a Parigi era stato rimproverato dal Presidente Sarkozy per lo scarso entusiasmo mostrato per le cosiddette “primavere arabe” che a detta del leader francese avrebbero presto liquidato anche Assad e innescato processi di democratizzazione.

A distanza di due anni, con la rivolta anti-regime ormai egemonizzata dai gruppi islamisti, confida a Vatican Insider l’arcivescovo siro cattolico siriano Behnam Hindo: «L’ho detto chiaro, al segretario del ministro degli esteri Laurent Fabius, nell’ultimo colloquio che ho avuto con lui: voi parlate della guerra in Siria, di chi deve vincere, di chi deve andar via. Ma non chiedete mai quali sono le attese e le richieste del popolo siriano. Forse non vi siete ancora accorti che il protettorato francese sulla Siria è finito da un pezzo».

Gianni Valente

Fonte: Vatican Insider

In collaborazione con: nocristianofobia.org