Se sei regista ‘radical chic’ puoi stuprare

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Lo stupro di Maria Schneider. Non si va in galera per simili atti di violenza?

L’idea è venuta a me e a Brando mentre facevamo colazione… A un certo punto lui ha cominciato a spalmare il burro su una baguette, subito ci siamo dati un’occhiata complice”.

Bertolucci lo afferma con una tranquillità disarmante, quasi impressionante. Perché sa di essere intoccabile, è un regista di ‘sinistra’, ma attenzione, di quella sinistra al caviale che ha sostituito quella che pensava ai lavoratori. E’ dalla parte giusta. Non ha nulla da temere.

Tra i due uomini scatta una perversa e diabolica connivenza. La Schneider a questo punto altro non è che un oggetto – dove sono le femministe? – il mezzo per giungere alla creazione dell’opera.

Ed è qui il punto fondamentale nel degrado dell’Arte occidentale: da opera come mezzo per l’esaltazione dell’uomo, all’uomo mezzo per l’esaltazione dell’opera. Spesso, poi, con l’arte solo a fare da parafulmine ad una realtà pornografica.

Ancora Bertolucci : “Abbiamo deciso di non dire niente a Maria per avere una reazione più realistica, non di attrice ma di giovane donna. Lei piange, urla, si sente ferita. E in qualche modo è stata ferita perché non le avevo detto che ci sarebbe stata la scena di sodomia e questa ferita è stata utile al film.Non credo che avrebbe reagito in questo modo se l’avesse saputo”

Da simili vischiose, sordide parole, s’intuisce la voglia morbosa di consumare una violenza non cinematografica, non finta, ma assolutamente reale, e di vederla portata a termine.

Il regista è totalmente conscio che la sta umiliando profondamente, ma la disperazione di Maria non gli suscita la benché minima pietà.

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Bertolucci, anzi, sfrutta proprio questa sofferenza e umiliazione vere, per farne un’opera d’arte cinematografica.

Avrete capito che per il regista la volontà di una donna conta zero, anzi meno di zero. E’ oggetto, è mezzo per un fine.

“ Maria, per Bertolucci, non avrebbe mai recitato così realisticamente quella scena. Non avremmo mai potuto vedere come reagisce davvero una donna che viene stuprata”.

Dopo quel film Maria Schneider è caduta in una vita depravata, segnata dalla tossicodipendenza.

Colpa, ha sempre confermato l’attrice, della parte che Bertolucci le aveva fatto girare in Ultimo Tango a Parigi.

Ero triste perché mi trattavano come una sex symbol, ma io volevo essere apprezzata e riconosciuta come attrice“.

La donna si è spenta, poi, a 58anni, ancora furiosa per quello stupro sul set. Ancora segnata.

Era un mezzo, come l’ideologia della modernità e le ideologie novecentesche hanno visto l’uomo: un mezzo per un fine. E in nome di quel fine, tutto è permesso.