Follia made in USA: adesso perché non indignarsi?

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A 24 ore dall’immane e truculento delitto d’oltreoceano, alle menti e soprattutto ai cuori degli inermi informati sarà sorto più di un quesito  in merito ad un atto, quello commesso dai tre yankee di colore, che di sensato ed argomentabile non ha proprio nulla: tutt’ora si domanderanno cosa possa esserci stato alla base di un gesto tanto invasato, e la maggior parte di loro ha appurato, scovando nei meandri tetri ed ottenebratati delle disparate tweetate e prove, stananti una matrice di apologia razziale, che si sia trattato di un’insana, deviata e macabra azione di 3 adolescenti, “annoiati” e rimpinzati della eccessivamente piatta mondanità americana. Pare inoltre che anche i capostipiti dell’informazione nostrana ritengano d’aver concesso fin troppo spazio ad una vicenda che, in soldoni, definire scomoda è un eufemismo: per la serie “In Italia bastano 2/3 minuti di servizio tele-giornalistico su un’emittente pubblica e/o privata per essere deontologicamente a posto con se stessi“.

A noi però, che poco sottoscriviamo una visione così ermeticamente arroccata, piace andare a fondo, ed evidenziamo quanto sia stato triste e persino brusco, alla luce dei tanto conclamati rapporti internazionali, non spendere nemmeno qualche riga di cordoglio e reverenziale vicinanza: non che qualcuno si aspettasse telegrammi diretti alle autorità diplomatiche australiane, considerando anche gli “impegni istituzionali” della nostra classe politica (incline a salvaguardare gli interessi degli “ospiti“); ma, piuttosto che rintracciare espedienti per graziare la svogliatezza di condurre un’esistenza proba e senza eccessi dei frustrati teenager, sarebbe stato di gran lunga più costruttivo sdoganare le elucubrazioni dagli sterili tabù della discriminazione e disaminare accuratamente le oggettive responsabilità di tre inverecondi cerebrolesi.

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La spiegazione di tutto questo è facilmente riscontrabile in un’unica chiave di lettura: il fatto di essere mulatto, giallo, thailandese, musulmano o ebreo non denota differenze, perché quanto compiuto è di un’inammissibilità cosmica; se però a parte invertite si fosse consumato un omicidio di questa dimensione, probabilmente media, rotocalchi e compagnia andante avrebbero pusillanimi versato fiumi di inchiostro e miriadi di parole su un accadimento spietato e cupo compiuto da un “viso pallido” ai danni di un “povero nero”.

Chissà poi come avrebbe commentato The Clandestine Woman Cécile Kyenge: di certo l’intervento sarebbe stato piccato e pungente, da vera cultrice della demagogia di potere; peccato però che nulla sia stato codificato dagli uffici del dicastero per l’Integrazione. Strano: chi facilmente ripudia sane ed asciutte contestazioni, tra una banana su un palco e un saluto non corrisposto per ragioni di natura ideologica, dovrebbe essere in prima fila a dirimere pareri e sentenziare i criminali…

A. A. D.