La scelta di Gabriello Mancini come presidente della Fondazione Mps e quella di Giuseppe Mussari ai vertici dell’istituto senese fu decisa da Ds e Margherita. E’ quanto sostenuto dallo stesso Mancini nel corso dell’interrogatorio nell’ambito dell’inchiesta su Mps. “La mia nomina, come quella dell’avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale”.
A Roma, poi, vi fu una riunione “con l’onorevole Francesco Rutelli, alla quale partecipai io e alla quale erano presenti l’onorevole Alberto Monaci, l’onorevole Antonello Giacomelli e Battisti”. Il via libera arrivò da Rutelli, al quale “venne prospettato l’accordo raggiunto e lui diede il suo assenso”. Davanti ai pm Mancini spiega poi che “l’onorevole Ceccuzzi mi riferì che anche per i Ds vi fu un assenso a livello nazionale” e che poi, lo stesso Mussari, “mi confermò di avere il sostegno del partito a livello nazionale”.
Per il via libera ad Andrea Pisaneschi quale espressione – minima – del Pdl nel Cda di Mps e di Carlo Querci come “espressione dei soci privati”, Gianni Letta telefonò a Silvio Berlusconi e poi richiamò Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps, dicendogli che “il presidente aveva dato il suo assenso”, ha messo a verbale l’ex presidente.
Mps, pozzo senza fondo dal quale il Pd distribuiva e distribuisce le clientele necessarie alla sopravvivenza del sistema di potere toscano, è stato anche il luogo nel quale il partito unico – ormai ex – Pd e Pdl ha fatto le prove di governo. Con il Pdl come ‘prostituta’ del Pd. Esattamente come nell’attuale governo.