Business gay: le multinazionali fanno lobby

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Apple gayChe nessuno pensi che dietro la candida ideologia dell’amore omosessuale si nasconda una mera questione di denaro.
Le centinaia di grandi aziende americane (fra cui Apple, Facebook, Intel, Amazon, Ebay, ecc.) che hanno deciso di sposare il “Think different” degli LGBT, lo hanno fatto solo per spirito umanitario e non per guadagno. Il sole 24 ore il 27 febbraio 2013 scriveva: “La legittimazione dei matrimoni gay fa bene al business”, ma noi non ci crediamo. È impossibile che sia così.
Anche i finanziatori, come Bill Gates e Jeff Bezos, che hanno donato milioni di dollari per la causa, sono spinti unicamente da amore per i diritti universali. Lo stesso Mark Zuckerberg di Facebook ha partecipato al Gay Pride di San Francisco, nei giorni scorsi, solo perché nel frattempo è diventato un uomo maturo lontano dal big business.
Dicono il falso anche quelli che raccontano la favola che l’omosessualità sia un «middle-class phenomenon», un fenomeno per benestanti, “in grado di mobilitare ingenti risorse anche economiche”.
È necessario smentire con forza, ad esempio, che il turismo per gay abbia prodotto nel 2011 165 miliardi di dollari nel mondo, “spesi per lo più, nel segmento di lusso”, e solo in Italia oltre 3 miliardi di euro. Nessuno si sogni di collegare le lobby gay alla ricchezza. No, sono composte solo da persone povere che non arrivano a fine mese e che lottano per i diritti negati. Non come le famiglie tradizionali che, pur vivendo già nell’oro, hanno pure munifiche assistenze dallo Stato.
C’è chi dice che a New York, dopo un anno, le nozze gay abbiano “generato guadagni per 259 milioni di dollari” e che l’indotto totale negli USA si aggiri sui 9,5 miliardi di dollari. Ma sono cattivi e comunicano queste cifre solo perché omofobi.
È raro, infatti, che gli USA si muovano pensando al guadagno.
C’è chi dice anche che interlocutori così diversi abbiano un denominatore comune: l’anticattolicesimo. Lottare contro i valori cristiani, dicono, per indebolire e debellare la Chiesa, sembra un obiettivo che accomuna un po’ tutti.
Ma noi di NoCristianofobia, ovvviamente, non ci crediamo.
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Nozze gay, il grande business

Altro che «love is love», come dice Barack Obama. La decisione della Suprema Corte americana, che come sappiamo ha bocciato il clintoniano Doma – acronimo che sta per Defense of Marriage Act [1] –, a pensarci bene fa venire in mente uno slogan ben diverso: «Money is money». Senza voler minimamente discutere i sentimenti delle persone omosessuali – alle quali va, anzi, assicurato il massimo rispetto -, sarebbe infatti ingenuo sottrarsi aprioristicamente al dubbio che, se certamente non a determinarla, quanto meno a concorrere alla storica (e risicatissima: 5 voti contro 4) svolta dei giudici possa esservi stata anche una dimensione, per così dire, più concreta e meno ideale.

Del resto, non diciamo nulla di nuovo dato che da tempo l’omosessualità è ritenuta un «middle-class phenomenon» [2] in grado di mobilitare ingenti risorse anche economiche [3], e che proprio alla Suprema Corte, quest’anno, è giunto un documento a suffragio dell’incostituzionalità del citato Doma sottoscritto – combinazione – da ben 278 grandi aziende fra le quali, per brevità, ricordiamo soltanto le più note: Amazon, Apple, Facebook, Twitter, Moody’s Morgan Stanley, Goldman Sachs e Starbucks [4]. Ora, che si tratti di 278 realtà – incluse potenti banche – mosse tutte e solo da interessi filantropici? Non si direbbe dato che è stato proprio Lloyd Blankfein, ceo di Goldman Sachs, a chiarire che «è una questione di diritti civili, ma anche di business» [5].

A conferma della fondatezza di questa dichiarazione si può ricordare l’elenco dei potenti sostenitori – fra imprenditori, manager e banchieri – delle nozze gay coi rispettivi quantitativi versati o raccolti in questi anni per la causa: Cliff Asness (1,5 milioni di dollari), Jeff Bezos (2,5 milioni di dollari), Bill e Melinda Gates (500 mila dollari), Daniel Loeb (1,5 milioni di dollari), Jon Stryker (1,85 milioni di dollari), solo per citarne alcuni [6]. La domanda a questo punto potrebbe essere: come mai tanti pezzi da novanta si prodigano per le nozze gay? Cosa c’è davvero sotto? Di che «business» si tratta? E, soprattutto, di quali dimensioni?

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Ora, in ovvia mancanza di dati che possano fornirci un quadro più preciso, per ora non possiamo che ragionare in termini di stime. Ebbene, se circa dieci anni fa il CBO – acronimo che sta per Congressional Budget Office – al pari di altre valutazioni [7], stimava l’indotto delle nozze gay, una volta che queste saranno effettive in tutti e 50 Stati Usa, di un miliardo di dollari l’anno [8], secondo un più recente contributo di Forbes del 2009, l’indotto complessivo sarebbe decisamente più sostanzioso: circa 9,5 miliardi di dollari [9]. Una somma che, benché alta, non pare esagerata – solo a New York, dopo un anno, le nozze gay hanno generato guadagni per 259 milioni di dollari [10] – e che spiega fin troppo bene l’interesse di Moody’s, Morgan Stanley e Goldman Sachs per l’abolizione del Doma.

Ma al di là del dato economico, qui richiamato solo in sintesi rispetto alla sua ben più articolata realtà, non possiamo che concludere riflettendo su un aspetto curioso, vale a dire la convergenza di interessi, quando si parla dei diritti delle “nuove famiglie”, fra i colossi della finanza e dell’industria e le forze politiche socialiste, fieramente di sinistra o cosiddette antisistema, due mondi divisi su molto eccetto che sull’anticattolicesimo, l’«ultimo pregiudizio accettabile» [11]. Forse che la lotta contro la famiglia tradizionale e, di conseguenza, contro il diritto naturale, la ragione e la Chiesa sia il vero obbiettivo di certe battaglie? E’ un sospetto forse indimostrabile certo, ma che viene. E proprio non se ne va.

Note: [1] Cfr. Defense of Marriage Act, «Public Law» 104-199, 1996; [2] Cfr. Niada M. A Londra il business gay vale 100 miliardi di euro, «Il Sole 24 Ore», n. 160, 13/6/2006, p. 8; [3] Cfr. Zald M. – McCarthy J. (1977) Resource Mobilization and Social Movements: A Partial Theory. «American Journal of Sociology»; 82(6): 1212-1241; [4] Cfr. AA.VV. Brief of 278 employers and organizations representing employers as amici curiae in support of respondent edith schlain windsor (merits brief). 27/2/2013; «The Supreme Court of the United States» – No. 12-307:1-95; [5] Blankfein L. cit. in Ford Z. Goldman Sachs CEO: Marriage Equality Is Good For Business. «thinkprogress.org», 11/3/2013; [6] Cfr. Biles A. The Top 23 Gay Marriage Supporters in Business Today. «bezinga.com», 26/3/2013; [7] Cfr. Guaracino J. Gay and Lesbian Tourism. The Essential Guide for Marketing. Elsevier Ltd., Jordan Hill, Oxford 2007, p. 43; [8] Cfr. Holtz-Eakin D. (2004) The Potential Budgetary Impact of Recognizing Same-Sex Marriages. «The Congressional Budget Office»; 1-10: 1; [9] Cfr. Marcus M.The $9.5 Billion Gay Marriage Windfall. «Forbes.com», 16/6/2009; [10] Cfr. Goldman H. Gay Marriage Produced $259 Million for New York City Economy. «bloomberg.com», 24/7/2012; [11] Jenkins P. The New Anti-Catholicism. The Last Acceptable Prejudice, Oxford University Press, New York 2003.

In collaborazione con: nocristianofobia.org