Borse di studio da 1.000 euro a Cagliari, ma solo se sei zingaro

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Dal capoluogo sardo, dove  i cagliaritani non trovano case popolari nemmeno a pregare, e gli zingari vengono  alloggiati dal Comune in villette di lusso con piscina, arriva un altro rigurgito xenofilo: 6 borse di studio da 1.000 euro ciascuna,sono state consegnate a 6 zingari d’etnia rom, che si “sono distinti”  alle scuole superiori. L’iniziativa è stata organizzata  dalla Fondazione”Anna Ruggiu”, la donna che fondò e diresse la prima scuola all’interno del campo Rom di via San Paolo ( che “eroina”… deve essere l’idolo dei nostri politicanti).  Ha collaborato anche la Fondazione Banco di Sardegna ( e non ce ne sorprendiamo).

Quindi: a Cagliari, se sei italiano e appartieni a una famiglia povera (come ad esempio quelle dei precari cui il Comune non ha concesso i finanziamenti) puoi anche essere il primo della classe, non frega a nessuno; se invece sei rom (magari figlio di quei rom che hanno macchine di lusso ), allora appena “ti distingui”, ti piovono 1.000 euro addosso.

Accadesse l’inverso, sarebbe un tripudio di starnazzi di animebelle, politici e media; ma qui la discriminazione arriva “dalla parte giusta”, e allora la “vergogna” diviene il “vanto”, e il “razzismo” diviene l’ “antirazzismo”.

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Tanto qui, la discriminazione è “giustificata” dalla necessità di “integrare”, “includere”. Infatti, il vero discrimine che politici e ong, utilizzano per decidere se un’iniziativa è giusta o sbagliata, è:” ‘integra’ o no gli immigrati?”.
E conseguenza di questo discrimine, è che le necessità e i bisogni degli italiani, divengono nulla rispetto all'”incombenza” di “integrare”, che “giustifica” qualsiasi discriminazione a loro svantaggio. A compimento di ciò, presto arriveremo (come la congolese ha già suggerito) alle “quote immigrate”.

Facendo quindi il punto della situazione: non solo agli italiani è stato  imposto che gli immigrati debbano trovare lavoro e “sistemarsi” (e non semplicemente tornare a casa) perché dobbiamo, senza se e senza ma, divenire una “società multirazziale”; essi devono poi anche essere discriminati, in modo da assicurarsi che questa “multirazzialità” possa essere loro imposta.

E la chiamano “Democrazia”…

 




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