«ANSA – PADOVA – Le frasi shock su Facebook contro il ministro Cecilie Kyenge – ”ma mai nessuno che se la stupri?…” – sono costate il rinvio a giudizio a Dolores Valandro, il consigliere di quartiere di Padova della Lega che aveva pubblicato il post. Il decreto di citazione diretta in giudizio, firmato dal pm Matteo Stuccili, vedra’ l’esponente della Lega (gia’ espulsa dal partito) comparire in tribunale il primo luglio. E’ accusata di istigazione ad atti di violenza sessuale per motivi razziali.»
La fantasia al potere. Fantasia malata, in questo caso.
Che i magistrati siano l’avanguardia della cancrena che sta uccidendo la società italiana, non c’è ombra di dubbio, ma non smettono mai di sorprenderci.
Già, processare una persona per quello che scrive – qualunque cosa scriva e al di là delle idee che esprime, anche le più truci – è da regime totalitario.
Ma diteci voi, dove, nelle frasi della signora padovana, era presente questo:
istigazione ad atti di violenza sessuale per motivi razziali
Ha, per caso, scritto da qualche parte: “stupratela perché nera“? No, è tutto partorito dalla fantasia malata del magistrato di turno. E poi, ‘istigare allo stupro di una bianca’, sarebbe invece non perseguibile?
Qualsiasi frase, se strumentalizzata a dovere è: istigazione. Ogni critica, ogni pensiero istiga a qualche cosa. Basta trovare un giudice ‘volenteroso’, e persegui chiunque tu voglia. Questo è l’abominio della legge che porta il nome dell’ex ministro che si dice in odor di Mafia.
La frase della Velandro, strumentalizzata da un linciaggio mediatico senza precedenti, era di cattivo gusto. Era posta male. Ma chiunque non abbia il desiderio di porre in essere una ‘caccia all’uomo’, sa che cosa intendeva. Non certo quello che vaneggiano i magistrati di Padova. Gli stessi magistrati che liberano gli stupratori, processano chi si chiede se forse, l’unico modo di far comprendere a qualcuno la mattanza continua dell’immigrazione, non sia divenirne vittima in prima persona.
Intanto su Facebook, migliaia di persone esprimono la loro solidarietà alla Velandro. Non per quello che ha scritto, ma per il linciaggio di cui è stata vittima solo per ‘aver scritto’. E quella che prima poteva essere una donna affetta da incontinenza verbale, è oggi una vittima.