Gli immigrati portano ricchezza

Vox
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Washington, 14 giu. (Adnkronos) – “Gli immigrati creano piu’ business degli americani nati negli Stati Uniti, perche’ fanno piu’ figli, amano la famiglia, e fanno aumentare la popolazione giovanile”. Cosi’ Jeb Bush, l’ex governatore della Florida, figlio e fratello di due ex presidenti americani, ha perorato la causa della riforma della legge sull’immigrazione intervenendo alla conferenza dell’associazione Faith and Freedom Coalition. “Gli immigrati costituiscono il motore della prosperita’ economica” ha poi aggiunto Bush.

E’ interessante fare capolino fuori confine, per rendersi conto di come tutte le élites occidentali siano alacremente impegnate nel progetto di distruzione dei propri popoli.

Prendiamo il concetto espresso dal fratello scemo di Bush – il che deve essere un’impresa – che viene “acriticamente” riportato dall’agenzia xenofila, così il cittadino medio che legge e non conosce la situazione americana, crederà alle fandonie del dinasta Bush. Anzi, farà anche un parallelo con l’Italia e nella sua testa inizierà ad “aprirsi” all’immigrazione: perché è buona per l’economia. Falso.

Chiunque abbia nozione delle statistiche americane sa che i messicani che arrivano in Usa non sono come gli immigrati europei d’inizio novecento. Non è che “fanno figli perché amano la famiglia”, li fanno perché figliano come conigli, visto che il tasso di madri non sposate abbandonate dai mancati padri è, tra gli immigrati, altissimo. Non è “amore”, è promiscuità.

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Ed è profondamente stupido legare ricchezza e nascite. Ricchezza e aumento della popolazione. E’ vero, l’aumento della popolazione genera Pil: perché basta respirano, mangiano e qualcosa consumano. Ma quello che conta non è il “Pil totale”, è quello pro-capite, e qui le cose cambiano. Infatti conta la qualità di chi arriva, non la quantità. Conta, quanto la tua presenza apporta dal punto di vista della produttività e non il fatto che, per il solo motivo di “esistere”, aggiungi qualcosa – poco – alla ricchezza totale. Perché se la tua presenza aggiunge una ricchezza inferiore al Pil pro-capite precedente al tuo arrivo, allora la tua presenza impoverisce chi c’era prima: il Pil pro-capite scende. E’ questo che avviene con l’immigrazione. Avviene negli Usa, e avviene qui da noi: chi arriva sfrutta il welfare e diminuisce la ricchezza individuale di ognuno di noi.

Ma questo alle élites non interessa. Per loro l’immigrazione è businee. Per loro sono lavoratori low-cost: schiavi da utilizzare per abbassare il costo minimo del lavoro. Poco importa se l’operaio e la classe media si impoverisce: loro,i ricchi, si arricchiscono sempre di più. Perché più immigrazione, significa anche più diseguaglianza.

C’è poi un concetto semplice ma mai evidenziato: il declino demografico non è, di per se, negativo. Lo diventa a fronte della pressione migratoria che rischia di sommergerci. Non lo sarebbe se chiudessimo le frontiere. Ma il Potere non vuole. Perché?
Ve lo spiego: diminuzione demografica significa meno “lavoratori” disponibili. E mentre oggi il “coltello dalla parte del manico” ce l’ha il “capitale” – per eccesso di disoccupati – la diminuzione di manodopera causerebbe uno spostamento del potere di negoziazione verso il “lavoro”. Ma non ditelo troppo forte, lo diceva Marx, i Sindacati e la sinistra moderna potrebbero rimanerne turbati.

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Fonte: Identità.com