I “giovani industriali” si scatenano: a Santa Margherita Ligure…

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Al convegno Scateniamoci. Liberiamo l’Italia dalle catene, organizzato a Santa Margherita Ligure dai giovani industriali, la rotta tracciata punta sulla responsabilità del governo Letta che “non è chiamato a ripetere quello che già si fa o a farlo un po’ meglio” ma a “compiere quanto al momento nessuno fa”. “Il nuovo governo deve dare un progetto concreto di futuro – ha spiegato Morelli – disegnare l’Italia che sarà tra dieci anni. La capacità di visione per un leader è essenziale”. I giovani di Confindustria non chiedono un governo che faccia miracoli, ma un esecutivo che “agisca sulla competitività del Paese”. Insomma miracoli no, statisti sì. “Nell’estate del 1513 Machiavelli inizia a scrivere Il Principe, in una Italia tormentata da incertezze e lotte. Oggi, dopo 500 anni, le similitudini non mancano”, ha continuato il presidente dei giovani di Confindustria invitando le istituzioni a non fingere e a evitare di sprecare altre occasioni. Tra le priorità tracciate c’è in primis il mercato del lavoro. I giovani di Confindustria hanno infatti chiesto “uno strumento universale e flessibile”. Le tesi dei giovani sottolineano che non serve “il sussidio a pioggia del reddito di cittadinanza” ma “una sorta di reddito minimo a tempo condizionato all’attiva ricerca di lavoro e alla formazione professionale”. Per i giovani di Confindustria “anche quei 4 milioni di immigrati che stanno cambiando conformazione all’Italia” sono “come i giovani e le donne che nella disuguaglianza rimangono ai margini”. Ed anche a loro “devono essere date risposte. Le norme sull’immigrazione non possono essere improntate sulla paura. Dell’Immigrazione l’impresa ha bisogno”. Più in generale, “un Paese diseguale è un Paese inefficiente”.

Più che l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, la priorità dei giovani industriali è “il livello di tassazione su lavoro e imprese”. “Se sull’Imu in governo è intervenuto in 10 giorni – ha spiegato Morelli – sul cuneo fiscale non si intravedono riforme all’orizzonte”. Per la Confindustria, i 120 miliardi di euri bruciati dall’evasione fiscale sono una ferita, mentre i 60 miliardi di corruzione sulle spalle del nostro Paese sono un macigno. “Qualcuno accusa gli imprenditori e Confindustria di ripetere le stesse cose. Ribattiamo che non siamo ripetitivi per mancanza di argomenti, ma purtroppo perchè, da troppo tempo, continuiamo ad essere bloccati sui soliti problemi”, ha concluso Morelli sottolineando che l’Italia “per troppi anni non si è mossa”.

Fossero gente seria, si riunirebbero a Taranto. In un distretto industriale del nord in crisi. Dove le imprese chiudono. Invece no, si “scatenano a Santa Margherita Ligure”. Hanno le idee chiare.
E i giornali li prendono anche sul serio. Non è strano, visto che sono giornali dei loro paparini.

I cosiddetti “giovani industriali” sono in realtà dei “giovani parassiti”. Si sono autonominati “industriali” per linea dinastica: sono tutti figli di industriali. E questo, secondo loro, li rende “giovani industriali”. In realtà li rende dei mantenuti.

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E mentre attendiamo che si “scatenino”, il “il sig.MobilMarket” ci regala alcune immancabili perle di saggezza.
Ragionamenti che, se fatti da qualcuno in cura per schizofrenia, ne dilaterebbero la permanenza in clinica. Ad esempio:

Le norme sull’immigrazione non possono essere improntate sulla paura. Dell’Immigrazione l’impresa ha bisogno

E certo. Negli ultimi anni ci sono stati 1 milione di licenziati – rigorosamente italiani -, quest’anno l’emorragia continua. Le imprese chiudono, e che ci dice il “nuovo Machiavelli”? Che c’è bisogno di immigrati. Chiamate l’ambulanza. Perché anche alla sopportazione delle idee altrui c’è un limite, soprattutto quando fanno a pugni con la realtà e la matematica. Chi, sano di mente, può dire una cosa simile?

Ma in realtà un motivo c’è. Perché questi “giovani industriali”, tutti rappresentanti di grandi industrie, non fanno gli interessi dell’Italia, ma i loro interessi. E loro interesse è “comprimere” i salari sempre di più. E come li comprimi i salari? Aumentando la manodopera disponibile. E come l’aumenti la manodopera? Con l’immigrazione. Per questo non deve sorprendere la diabolica alleanza tra oikofobici e grandi industriali: perseguono gli stessi interessi. Ai primi, il business dell’accoglienza. Ai secondi, lavoratori low-cost. In mezzo, gli italiani.

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Fonte: Identità.com