I responsabili morali della strage di Milano: chi ha fatto ricorso per “Kabobo”

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kaboboricorsoC’è un particolare interessante sul “permesso di soggiorno illimitato” di Kabobo: il nome dello studio legale che si è occupato per lui, di fare ricorso al mancato riconoscimento dello status di rifugiato. Ed è solo “grazie” a quel ricorso, che il ghanese è potuto rimanere in Italia, arrivare a Milano, e uccidere. E non è un caso.

Leggete di seguito:

Il Gruppo EveryOne si unisce all’appello, avanzato al Ministero della Giustizia, da parte dell’avvocato Costantino Nardella, dell’ARCI di Foggia, e di Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati: “E’ assolutamente necessario garantire il diritto a tutti gli indigenti al patrocinio a spese dello stato, e, in ogni caso, come per le procedure di ricorso in materia di espulsione degli stranieri, applicare l’esenzione del pagamento di tutte le spese e degli altri oneri per i ricorsi fondati in materia di concessione di protezione internazionale. [1]

L’avvocato Nardella si occupa proprio di questo. Di fare rimanere in Italia – attraverso procedure di ricorso – chi non ne ha diritto. E per farlo, chiede il “patrocinio gratuito”, che poi significa che il suo onorario – e di quelli come lui – lo dovremmo pagare noi italiani.

Sapevamo che dietro la permanenza – e quindi con enormi responsabilità morali per la strage di Milano – c’era la solita cricca xenofila che mette i bastoni tra le ruote alle espulsioni. Non avevamo la “pistola fumante”. Ora ci sono i nomi. I familiari delle vittime di Milano potranno chiedere i danni – incalcolabili – a queste associazioni e a questi avvocati.

Il prossimo passo, è scoprire chi lo ha ospitato a Milano.

AGGIORNAMENTO

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Pubblichiamo un articolo segnalato nei commenti, con protagonista lo stesso avvocato. Ancora un clandestino, ancora ghanese e ancora l’avvocato Nardella. L’articolo è di Repubblica:

Asilo politico, il business degli avvocati
Record di domande a Bari. E c´è chi fugge dal villaggio invaso dalle scimmie

Più che a Milano, secondi in Italia soltanto a Roma. Bari è tra le città italiane preferite dagli extracomunitari che richiedono asilo politico. Lo dimostrano i dati del ministero dell´Interno, aggiornati a settembre: dall´inizio dell´anno, infatti, a Bari sono arrivate 1.666 richieste contro le 1.279 torinesi o le 1.122 milanesi. La percentuale di accoglimento delle richieste è però bassa, anche sotto quel 40 per cento di media nazionale. Ancora più basse sono le percentuali degli accoglimenti – da parte dei tribunali civili e amministrativi – dei ricorsi contro i dinieghi.
Nonostante questo, però, i ricorsi presentati sono centinaia e centinaia: come hanno denunciato ormai da tempo le stesse associazioni che tutelano i diritti degli immigrati, esiste una fitta rete creata da alcuni legali che, anche in mancanza di requisiti seri, illudono gli immigrati presentando ricorso. In questa maniera intascano la parcella (da qui, secondo molti, l´incremento dei mendicanti stranieri per strada) oppure accedono al fondo destinato alle spese di ufficio.

Spesso i ricorsi sono assolutamente insensati da un punto di visto giuridico. E non solo. Emblematico è il ricorso presentato il 15 dicembre del 2008 da un cittadino ghanese, rappresentato dall´avvocato Costantino Nardella. Così come ricostruisce il giudice Achille Bianchi nella sentenza depositata nei giorni scorsi, l´extracomunitario e il suo legale hanno messo per iscritto una storia incredibile per motivare la presunta insensatezza del diniego. «L´uomo ha narrato – scrive il giudice – in sede di audizione che viveva nella città di Sunyani, invasa dalle scimmie». Sì, scimmie. «Un giorno – giura l´uomo – il padre aveva ucciso una scimmia arrampicatasi su un albero vicino alla loro casa. Qualche giorno dopo, poi, vi è stata un´invasione di circa 1.500 scimmie, che avevano distrutto l´abitazione e ucciso la madre, in quel momento sola».

Il racconto sull´invasione delle scimmie assassine, però, non finisce qua. Il ragazzo ha raccontato che “tornato dal lavoro e trovata la madre dissanguata e senza vita, aveva lasciato il paese, il 2 agosto del 2007. E dopo essere passato in Libia nel luglio del 2008 era arrivato in Italia”. Da qui, la richiesta sull´asilo: «Temo di rientrare in patria – ha dichiarato l´uomo, tramite il suo legale – perché ho paura delle scimmie che vivono nella mia città e da anni vanno in giro come uomini».

Il racconto, fantascientifico, non ha però convinto il giudice. «La storia – è scritto nella sentenza – suscita perplessità sotto il profilo della verosimiglianza: l´assunto secondo cui nella città di origine non esisterebbero le condizioni minime di sicurezza a causa dell´insediamento delle scimmie non appare credibile». Niente permesso, quindi. Al massimo c´è materiale per un bel film.

Come mai, ad un individuo simile, che patentemente crea ricorsi artificiosi, è permesso il continuare a farlo? Non esiste un ordine degli avvocati? Non esiste un magistrato che se ne occupi?




3 pensieri su “I responsabili morali della strage di Milano: chi ha fatto ricorso per “Kabobo””

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